Perché la Germania Orientale non è diventata un altro Mezzogiorno
di Giuseppe Pennisi*
Vi ricordate perché e come nacque l’unione monetaria? Alla caduta del muro di Berlino, vennero preconizzate enormi spese pubbliche tedesche per evitare che i Länder orientali diventassero un nuovo Mezzogiorno.
I centri studi basati a Bruxelles pubblicarono paper su paper tratteggiando questa tesi ed anzi dipingendola ancora più fosca: per evitare il ‘”Mezzogiorno d’Europa” ai confini con la Polonia e per impedire un’ondata d’inflazione, la Germania avrebbe avuto forti deficit di bilancio e la Bundesbank alti tassi d’interesse. Tramite gli alti tassi d’interesse, avremmo pagato tutti noi parte del costo dell’unificazione tedesca. Oppure, sarebbe andato a carte quarantotto la rete di accordi europei sui cambi (in gergo giornalistico chiamata Sistema Monetario Europeo, SME).
Tale prospettiva faceva paura soprattutto alla Francia che aveva ricorso a “cambiamenti di parità” (termini elegante per voler dire “svalutazioni” in un salotto con signore di buona famiglia) e che, quasi con la stessa frequenza, cambiava Repubblica. Proprio per questa ragione (smetterla con le svalutazioni ed i cambiamenti di Repubblica), dopo una seria spending review, il 22 febbraio 1987, la Francia aveva firmato con la Germania il patto del Louvre, in base al quale la parità del franco francese con il marco tedesco sarebbe stata fissa e, in pratica,la politica monetaria della Francia sarebbe stata dettata dalla Bundesbank. Proprio nel tentativo di impedire un forte rialzo dei tassi tedeschi per sterilizzare le spese per il previsto Mezzogiorno dell’Est, la Francia propose un percorso a tappe, con parametri oggettivamente verificabili, per dare vita ad un’unione monetarie facendo diventare collegiali le decisioni di politica monetaria.
Molte voci si alzarono contro questo approccio (Alesina, Feldstein, Mundell, tra gli altri) ma quasi nessuno contro la prospettiva del Mezzogiorno dell’Est. Solamente Andrea Boltho del Magdalen College dell’Università di Oxford, Wendy Carlin dell’University College di Londra, e Pasquale Scaramozzino allora all’University College di Londra ed ora alla Università di Roma, Tor Vergata. Contro il coro a cappella (come si diceva allora) o “i gufi” (come si dice oggi), sostennero in un saggio pubblicato nel 1977 sul Journal of Comparative Economics del 1997 che non c’erano le premesse istituzionali, sociali e storiche perché i Länder orientali diventassero un nuovo Mezzogiorno.
Sono tornati sul tema con il paper Why East Germany Did Not Become a New Mezzogiorno pubblicato la settimana scorsa come CEPR Discussion Paper No. Dp 11266. Nel lavoro riesaminano la loro ipotesi alla luce dei dati di 25 dalla unificazione tedesca. Mentre in Italia in termini di reddito pro-capite non c’è stata alcuna convergenza tra il Sud e le Isole, da un lato, ed il centro-nord dall’altro (anzi la divergenza si è accentuata), nello stesso periodo i redditi medi dei Länder orientali tedeschi si sono molto avvicinati a quelli dei Länder occidentali. Le determinanti delle differenze di risultati nei due Paesi dipendono – sostengono i tre economisti – non solo da ragioni storico istituzionali, ma in diversità significative in materia di rendimento degli investimenti, flessibilità del mercato del lavoro e dello sviluppo di settori produttivi competitivi sui mercati internazionali.
*Presidente del board scientifico di ImpresaLavoro