Privatizzare le nostre imprese non vuol dire svenderle ai cinesi
Daniele Capezzone – Il Tempo
Intendiamoci subito, a scanso di equivoci. Chi scrive è un liberale strafavorevole alle privatizzazioni. Un paio di anni fa ho contribuito anch’io (con Renato Brunetta e altri colleghi) a un gruppo di lavoro che, nel mio partito, ha rilanciato l’idea di un grande fondo a cui conferire beni di vario tipo, in una prospettiva di valorizzazione e vendita. E in Italia bisognerebbe davvero procedere a un arretramento della mano pubblica, ad esempio cominciando da due realtà che invece appaiono intoccabili: da un lato la valanga di immobili di proprietà pubblica e dall’altro le municipalizzate, vero strumento di occupazione militare del territorio e di segmenti di economia.
Altro conto sarebbe invece una sconclusionata svendita dell’argenteria di famiglia, per fare cassa in modo disperato e accettando una progressiva spoliazione e colonizzazione del Paese. Ne scrivo da mesi, e ora purtroppo i fatti si stanno incaricando di confermare le mie peggiori previsioni. Così come all’inizio degli anni Novanta si realizzò (ferma restando la buona fede di tutti, che va sempre presupposta) un’operazione che privò l’Italia di asset importanti nella chimica, nella meccanica, nell’agroalimentare e in alcune banche, allo stesso modo oggi si rischia qualcosa del genere. Una sorta di “Britannia 2”.
La cosa è cominciata in settimana con l’accordo tra Cdp reti (quindi sono in gioco le reti energetiche italiane, incluse Snam e Terna) e il gigante cinese China State Grid, che ne ha rilevato il 35%. Ammetto che almeno è stata mantenuta la quota di controllo. Ma non posso non pormi alcune domande. Perché non è stata fatta un’asta internazionale? Perché è stato scelto proprio quel partner, anche geopoliticamente così discutibile? E soprattutto, perché non se ne è adeguatamnte discusso?
Quali saranno i prossimi passi? Svendite anche di quote di Eni, Enel e Finmeccanica? Ripeto: da liberale non ho nulla contro l’alienazione di quote e ovviamente non ho tabù, ma non comprendo perché si debba dare l’idea di veri e propri saldi di fine stagione (organizzati in fretta e furia, visto che il governo è in grado di tagliare la spesa pubblica). Prepariamoci dunque, nei prossimi mesi, a distinguere due cose ben diverse tra loro: un conto sarebbero positive operazioni di valorizzazione e vendita, altro conto sarebbero invece spoliazioni a danno del Paese. E che tutto ciò avvenga nel quasi totale silenzio della politica (impegnata ogni giormo a discutere di “quisquilie e pinzillacchere”) dà la misura della gravità della situazione italiana.
Ps: Ci vuole coraggio a parlare di “privatizzazione” per la vendita a un soggetto totalmente controllato dallo Stato cinese. O no?