Non c’è più niente da ridere

Carlo Puca – Panorama

«Esci da questo twitter, Matteo». La battuta, attribuita al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, è sottilissima. Parafrasa il Renzi del 19 febbraio 2014 che, in diretta streaming con Beppe Grillo, pronunciò il celebre «Esci da questo blog, Beppe». Da allora i due, Matteo e Beppe, si sono amabilmente detestati. Padoan no, non è rancoroso. Quando il 25 agosto ha incontrato un Renzi distratto dallo smartphone, la buona educazione gli interessava poco o nulla. Ciononostante, a suo dire, la superfetazione di tweet stava «fomentando aspettative eccessive».

In sei mesi il premier ha promesso (e postato) di tutto e di più. Solo per rimanere all’essenziale: #lavoltabuona, #laSvoltabuona, #80euro, #italiariparte, #gufi, #amicigufi, #inpiazza, #unoxuno, #allafacciadeigufi, #centogiorni, #millegiorni, prodromo al sito internet passodopopasso.italia.it grazie al quale verificare l’attività di governo da qui al maggio 2017 e rispondere «alle accuse di annuncite». La verità è che #millegiorni segna la sua sconfitta nei confronti di Padoan e del suo sponsor principale, il presidente Giorgio Napolitano, solidale anche con il sottosegretario Graziano Delrlo. Insomma, è vero che la troika europea non è (ancora?) arrivata a commissariare Renzi. Però una troika italiota c’è eccome e già fa la guardia al premier.

I dati economici sono drammatici, La fiducia degli italiani scende, il Pil arretra, la deflazione impera, la disoccupazione è una piaga (siamo al 12,6 per cento). L’ottobre sarà caldo per i sindacati e nero per gli italiani, già a settembre alle prese con una tassazione pesantissima (e si vedrà con Tasi e Tari: altro che abolizione dell’Imu). Con la riforma del Senato e la nomina di Federica Mogherini a Lady Pesc la congiuntura cambia zero. La minoranza interna del Pd ha smesso di urlare, ma attende Renzi sulla riva del fiume parlamentare per martoriarne il cadavere (politico, per carità) . Forse il rimpasto di governo di fine ottobre porterà nell’esecutivo qualche ministro «meno leggero e più efficiente» (così Renzi, e nel mirino ci sarebbero anzitutto Federica Guidi, Angelino Alfano e Stefania Giannini), ma la legge di Stabilità si annuncia lacrime e sangue. Mentre, di sicuro, poco o nulla hanno prodotto gli 80 euro. Con i quali, al limite, ci si mangia un gelato al giorno. Nel caso di Renzi, nel cortile di Palazzo Chigi.

Il cono del premier ha cristallizzato la sua insolenza istituzionale, ma fin qui è soltanto questione di stile. È la parte decisionale che più preoccupa la troika italiana. Nei suoi colloqui con il Quirinale, Padoan riporta il surrealismo di taluni Consigli dei ministri, con il premier proponente cambiamenti impossibili, tipo la riduzione per decreto delle prefetture o l’assegnazione delle competenze delle autorità portuali ai Comuni. Ma lo stile di lavoro renziano che Padoan più considera «dilettantesco» riguarda il bilancio dello Stato. Il premier, è noto, ha studiato le carte: «Conosco ogni voce di spesa a memoria» rivendica. Ecco, esattamente come fanno i sindaci, che spostano qualche migliaio di euro dall’illuminazione alle bocciofile, così Renzi intenderebbe spostare risorse da una voce all’altra. Solo che «un conto sono scuole e bocciofile, un altro è toccare le pensioni, assumere insegnanti, chiudere municipalizzate». Per realizzare tutte queste cose «devi prepararti all’impopolarità e 100 giorni non bastano, ne occorrono almeno 1.000» ha ringhiato il ministro il 25 agosto. «E smettiamola di dare addosso alla Germania» ha aggiunto «anzi cavalchiamo le riforme imposte da Gerhard Schroder».

Guarda un po’, il 1° settembre Renzi ha cambiato linea: «La Germania è un nostro modello, non un nostro nemico» bisogna «rendere il nostro mercato del lavoro come quello tedesco». Ora Angela Merkel sorride, Napolitano pure e Padoan sembra Claudio Baglioni mentre pianifica i «mille giorni di te e di me». Ma Renzi è consapevole che questo è tutt’altro che «un piccolo grande amore». Anzi, siccome «la vita è adesso», magari porta il Paese al voto in primavera. Vuoi mettere la gioia (popolare) dell’annunciare rispetto alla noia (impopolare) del fare?