Risparmiare con le fusioni
di Gionata Pacor – Associazione Città Comune
Dal riordino degli enti locali possono venire degli utili risparmi di spesa pubblica. Di solito quando si parla di fusione dei comuni ci si riferisce ai centri sotto i 5.000 abitanti, ma sono in corso anche iniziative diverse, che riguardano comuni più grandi. Una di queste è quella di Monfalcone, Ronchi dei Legionari e Staranzano, forse il primo caso in Italia in cui un’iniziativa di fusione è partita dalla cittadinanza, che nonostante la contrarietà dei tre sindaci (tutti e tre del PD), si è organizzata ed ha raccolto 6200 firme autenticate per chiedere un referendum sulla fusione di questi tre comuni che, per compenetrazione urbana, economia ed identità, formano già un’unica città di circa 48.000 abitanti. La normativa regionale del Friuli Venezia Giulia prevede che in primavera si tenga il referendum, nonostante le maggioranze al governo nei tre comuni abbiano fatto poco per agevolare la raccolta delle firme (e qualcosa per ostacolarla).
I motivi a favore di una fusione sono di due tipi: da un lato le potenzialità in termini di riorganizzazione e rilancio del territorio sotto una direzione unica e non frammentata, dall’altro lato la possibilità di ristrutturare ed ottimizzare le amministrazioni pubbliche locali. Questi aspetti sono strettamente connessi tra loro perché un unico comune con un’azione politica coerente può sfruttare meglio le risorse e le infrastrutture del territorio distribuite sul territorio delle diverse amministrazioni (nel caso dei tre comuni in questione si parla di un aeroporto, un porto, la rete ferroviaria ed autostradale, il litorale, le diverse zone industriali, i parchi naturali ecc.), e dalla riorganizzazione delle macchine comunali si possono ottenere i risparmi e le risorse economiche per finanziare quel rilancio.
I risparmi dai costi della politica sarebbero importanti non tanto quantitativamente quanto simbolicamente: due sindaci, una dozzina di assessori e circa quaranta consiglieri in meno farebbero risparmiare circa 270.000 euro l’anno. L’associazione Città Comune, promotrice del referendum, è partita da un confronto con altre città di grandezza comparabile, scoprendo che ci sono città come Empoli che hanno circa 250 dipendenti comunali, mentre i tre comuni da fondere messi assieme ne hanno circa 480. La proposta è quindi quella di una graduale riduzione dei dipendenti comunali senza licenziamenti, attuata man mano che quelli con maggiore anzianità vanno in pensione, per arrivare a circa 320 dipendenti. Il processo prevede l’accorpamento della maggior parte degli uffici (ma non quelli che offrono i servizi direttamente ai cittadini, come ad esempio l’anagrafe), l’esternalizzazione di alcune attività a basso valore aggiunto (ad esempio la manutenzione degli immobili) ed il potenziamento di alcuni uffici (ad esempio l’Ufficio per le Relazioni con il Pubblico e l’ufficio legale). I risparmi calcolati, solo in termini di minore spesa del personale, sarebbero di quasi 3 milioni all’anno. A ciò si aggiungono altri vantaggi difficilmente quantificabili a priori: minori costi di formazione del personale e per le postazioni di lavoro (arredamento e manutenzione degli uffici, computer, software, riscaldamento, corrente elettrica ecc.) e la possibilità di alienare qualche immobile per abbattere il debito pubblico comunale.
Quello di Monfalcone, Ronchi dei Legionari e Staranzano è un progetto che vuol fare da modello e da best practice a livello nazionale e dimostrare i vantaggi dei processi di fusione che, è bene ricordarlo, in Germania sono stati adottati senza nessun referendum consultivo oltre 40 anni fa, tanto che oggi il comune medio tedesco conta 50.000 abitanti, mentre quello italiano ne conta circa 7.500. Di certo non è un processo che da solo potrà risanare le finanze pubbliche ma, se esteso a livello nazionale, potrà fornire un contributo significativo, senza tagliare i servizi ed in certi casi potenziandoli.