Il debito dell’Eurozona si può ristrutturare
Il debito pubblico sembra uscito dai temi di grande attenzione anche in questi giorni in cui Roma e Bruxelles discutono di legge di bilancio. Eppure, un aumento anche piccolo dell’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni o un tasso di crescita dell’economia reale inferiore a quanto previsto dal Governo italiano oppure ancora un incremento dei tassi d’interesse renderebbe estremamente critica la situazione dell’Italia. Il nostro debito supera il 130% del PIL ed è per la metà detenuto da fondi stranieri, pronti a sbarazzarsene al minimo fruscio dei mercati. In effetti, le autorità europee non sono ‘arcigne megere’ ma temono che, passato il referendum, alla prima trimestrale di cassa, il marchingegno su cui è costruita la legge di bilancio salti con implicazioni per il debito e contagi a go-go nel resto dell’Eurozona.
Il Public Economic: National Budget, Deficit and Debt E-Journal ha pubblicato un saggio stimolante di Ernesto Longobardi (Università di Bari) e Antonio Pedone (Università di Roma La Sapienza). È il working paper 06/2016 intitolato On Some Recent Proposals of Public Debt Restructuring in the Eurozone che avrebbe meritato grande attenzione dalla stampa nazionale, dal Governo e dal Parlamento, anche perché redatto in un inglese chiaro e in una forma non tecnica.
Augurandoci che qualcuno se ne accorga e legga il lavoro, meditandolo con attenzione, ne riproduciamo in italiano la sintesi. Il paper prende l’avvio dalla considerazione che, nelle circostanze attuali, di bassa crescita ci sono forte ragioni per ridurre il debito pubblico ed esamina in particolare la situazione dell’Eurozona. Esamina quindi le varie possibili strategie per ridurre il rapporto debito/Pil evitando al tempo una ristrutturazione. Il metodo, spesso adottato in passato, di ridurre il rapporto debito/Pil con una forte ondata di inflazione non è praticabile nell’Eurozona. D’altro canto, le opzioni alternative tramite strumenti di finanza straordinaria (patrimoniali di scopo, privatizzazioni, vendita di beni di proprietà dello Stato) possono dare risultati limitati. Quindi, la strategia attualmente applicata nell’Unione Europea – accumulazione progressiva di avanzi primari (la soluzione ‘dell’austerità’) – pare la sola fattibile.
Le possibilità di ristrutturazione sono state esaminate con crescente attenzione negli ultimi anni. Sono state seguite due prospettive distinte. Da un lato, alcune proposte trattano del debito ereditato dal passato. Altre riguardano la messa in atto di un sistema permanente di riduzione/risoluzione del debito sovrano. Il primo gruppo di proposte vuole evitare il coinvolgimento del settore privato e si basano su meccanismi complessi di cartolarizzazione di gettiti futuri degli Stati (tramite signoraggio e tassazione). Ci sono ragioni per ritenere che non sono sufficientemente differenti dalle strategie in atto e possono portare a maggiori crescita. Le altre intendono rendere efficace il principio di evitare i bail out ma sino ad ora si sono rivelate molto difficili da applicare, in assenza di una vera unione fiscale.