L’Italia cresce meno di tutti, sul lavoro dati sconfortanti
di Massimo Blasoni – La Verità
I dati sulla nostra crescita nel 2017 paiono incoraggianti e anche le rilevazioni Istat sull’ultimo trimestre lo confermano. Il nostro +1,4% stimato su base annuale in fin dei conti non è poi così lontano dal dato tedesco e da quello francese. C’è ripresa, se pur timida, anche dell’occupazione e sono finalmente ripartiti gli investimenti privati. Sarebbe però sbagliato indulgere in facili ottimismi, soprattutto se compariamo questi dati con quelli del 2007, l’ultimo anno pre-crisi. Scopriamo infatti che l’accoppiata franco-tedesca ha da tempo un Pil reale ben superiore a quello di un decennio fa. Non è così per noi che, ahimè, stiamo ancora al di sotto di quella soglia. Anche la Spagna quest’anno ha superato i valori pre-crisi e ora restiamo i soli in Europa assieme a Grecia e Portogallo a segnare il passo. C’è poco da sorridere dunque.
Se consideriamo poi il Prodotto ai valori nominali, cioè comprensivi di inflazione, il quadro peggiora. Da noi quest’anno l’inflazione è all’1,2% contro una media europea che sfiora il 2% e questa modesta evoluzione dei prezzi rende ancora più pesante il rapporto debito/Pil. I dati sul lavoro sono forse più interessanti. È vero che aumenta l’occupazione nel Paese ma, comparati a 10 anni fa, i 66mila occupati italiani in più impallidiscono di fronte alla crescita tedesca che conta un incremento di 2 milioni e 800 mila occupati. Tra loro molti mini-job ma complessivamente un maggior numero di lavoratori che ha fatto crescere il tasso di occupazione tedesco al 74,7%, un risultato rilevantissimo. Il dato è rilevato da Eurostat che segnala nel periodo un forte incremento dell’occupazione anche nel Regno Unito e in Francia. Per noi il quadro si fa ancora più fosco se consideriamo che le imprese preferiscono ricorrere in una proporzione 80-20 alla somministrazione o ai contratti a termine piuttosto che instaurare un contratto a tutele crescenti: l’indeterminato insomma. E, inoltre, che la dinamica dei salari è pressoché stabile. Resta ancora molto da fare dunque per migliorare l’efficienza del nostro mercato del lavoro e della nostra economia. La ricetta liberale resta invariata: ridurre il perimetro dello Stato e l’enorme tassazione.