Il lavoro domenicale è sinonimo di progresso anche per i dipendenti
di Massimo Blasoni – Libero
Non dobbiamo avere paura del futuro, men che mai possiamo illuderci di poterlo bloccare per decreto legge. Guardiamoci intorno: il mondo produttivo si sta lasciando alle spalle la concezione novecentesca del lavoro, adattandosi alle mutate esigenze con lo smart working e il job on demand. Alcuni politici e sindacalisti – nonché una porzione significativa di utenti del web (ricordate gli insulti scagliati mesi or sono su Facebook contro una foto di Gianni Morandi che faceva la spesa di domenica?) – preferiscono invece protestare contro l’apertura dei negozi nei giorni festivi, così indicendo l’ennesimo “sciopero contro la pioggia”. Vagheggiano il ritorno a una società dei consumi che si fermi nei giorni “comandati”, costringendo tutti i lavoratori a un meritato riposo? Eppure anche a loro la domenica capita di salire su un treno o un aereo o un altro mezzo di trasporto pubblico, di visitare un museo o assistere a uno spettacolo, di mangiare al ristorante e andare al cinema, di entrare in farmacia e di ricevere cure in ospedale o in un Pronto soccorso, soprattutto di fare acquisti di beni e servizi tramite Internet. Pensano forse che i lavoratori impiegati in queste attività dovrebbero anch’essi trascorrere le feste a casa con le proprie famiglie?
Costoro invocano una concezione dello Stato che ci dica quando lavorare o fare la spesa, ignorando come il mercato si muova sempre in direzione della domanda. Per le famiglie poter fare compere nei giorni festivi è un’opportunità preziosa, non un diritto in meno (qualcuno rimpiange gli anni in cui tutte le saracinesche restavano abbassate a Ferragosto?). D’altra parte le liberalizzazioni hanno sempre prodotto e distribuito ricchezza. Quella dei giorni e degli orari di vendita, decisa in Italia nel 2012, ha comportato un aumento delle assunzioni di dipendenti, che non subiscono alcuno sfruttamento (la direttiva europea sull’orario di lavoro garantisce loro il diritto a un giorno settimanale di riposo) se non altro perché il lavoro domenicale e festivo è pagato in media il 30% in più rispetto al salario abituale. A coloro che infine temono la progressiva sparizione dei negozi sotto casa, ricordo i dati più recenti diffusi da Federdistributori (fonte Istat e AC Nielsen): dal 2012 al 2015 gli esercizi tradizionali hanno visto scendere la loro quota di mercato dal 29 al 27,4% a fronte di una crescita della quota della distribuzione moderna (ipermercati, supermercati e Outlet) dal 58,2 al al 59,9%. Variazioni poco consistenti, che non rendono credibile l’allarme antimodernista e statalista di chi sembra dispiacersi per una sia pur timida ripresa dei consumi.