Libertà economiche e sviluppo
Non c’è sviluppo senza libertà economiche e tolleranza. Questo il succo di due lavori scientifici recenti scelti questa settimana per i lettori del Centro Studi Impresa Lavoro. Il primo è un saggio Leandro Prados de la Escuria della Università Carlo III di Madrid (difficile capire perché gli economisti spagnoli sono poco noti e raramente citati in Italia). Il lavoro (Economic Freedom in the Long Run: Evidence from OECD Countries 1850-2007 – Libertà economiche nel lungo termine: analisi sui Paesi OCSE dal 1850 al 2007) è apparso nella The Economic History Review Vol. 68, No. 2 pp. 435-468. The Economic History Review è una delle più prestigiose riviste di storia economica a livello internazionale.
Lo studio presta indicatori economici per le principali dimensioni delle libertà economiche per i Paesi avanzati ad economia di mercato, specificamente quelli che facevano parte dell’Ocse già prima del 1994. Negli ultimi cento cinquanta anni, le libertà economiche sono aumentante e, nei Paesi analizzati, hanno raggiunto due terzi del massimo possibile. Tuttavia, l’evoluzione non è stata lineare. Dopo una forte espansione dalla metà dell’Ottocento, la Prima Guerra Mondiale ha provocato non solo un arresto ma anche un ritorno al passato e negli Anni Trenta c’è stato un drammatico declino. Notevoli i progressi durante gli Anni Cinquanta, pur non raggiungendo i livelli precedenti la Prima Guerra Mondiale. Dopo un periodo di stagnazione, la lunga fase di espansione dall’inizio degli Anni Ottanta ha portato ai livelli più elevati di libertà economica negli ultimi due secoli.
Ciascuna delle principali tipologie di libertà economia ha avuto tendenze ad essa specifica ed il contribuito all’indice complessivo è variato nel corso degli anni. In generale, il miglioramento dei diritti di proprietà è stato l’elemento che più e meglio ha contribuito al progresso di lungo periodo della libertà economica.
Sul Journal of International Business Studies (Vol. 47 No.4, pp. 480-497) Stelio Zanakis e William Neuburry (ambedue della Florida International University) e Vasyl Taras della University of North Carolina, giungono a conclusioni analoghe in materia di tolleranza (Global Social Tolerance Index and Multi-Method Country Rankings Sentsitivity – Indice Globale di Tolleranza Sociale ed ordinamento per Paesi con metodi differenti).
Utilizando i dati delle Nazioni Unite sui “valori” nei differenti Paesi e dati di 56 Paesi (con 83.000 interviste utilizzabili) i tre economisti costruiscono un Global Tolerance Index (GTI) che incorpora varie tipologie di tolleranza (di genere, di religione, nei confronti delle minoranze e degli immigrati). L’indice fornisce indicazioni utili nel forgiare politiche. Non è una coincidenza che dove c’è più libertà c’è anche maggiore tolleranza.