Perseguitato (anche) da una tassazione feroce
Nel giugno 2015 il nostro Centro studi pubblicava, in allegato a Il Giornale, il volume “E IO PAGO – Manifesto Antitasse” che proponeva tra l’altro gli interventi di prestigiosi economisti e giornalisti a commento del nostro studio sull’Indice Fiscale dei Paesi europei. Tra questi anche quello dell’attore Paolo Villaggio, che riproponiamo nel giorno della sua scomparsa.
di Paolo Villaggio, alias Fantozzi rag. Ugo
Sono il ragionier Ugo Fantozzi, che gli amici più cari chiamano Fantocci e quelli cattivi Pupazzi. Il presidente galattico di questo Centro studi m’ha chiesto un intervento per esprimere un giudizio su una curiosa abitudine tipicamente nostrana: l’evasione fiscale. La cosa m’ha fatto molto piacere ma, essendo un uomo di cultura medio bassa, cercherò di improvvisare usando il mio italiano burocratico.
Comincio col descrivermi: sono coniugato da 30 anni con mia moglie signora Pina, alla quale ci voglio molto bene anche se col tempo m’è venuta a mancare l’attrazione sessuale perché lei, e non lo dite in giro, c’ha l’alito fognato. lo non sono bello, sono grasso e per anni sono stato eletto “il più brutto del condominio” e poi di tutto il quartiere. Se vado in ferie, anche nelle giornate di sole, esclusivo privilegio dei potenti, sono perseguitato da una nuvoletta da impiegato. E come se non bastasse sono spesso raggiunto da frane, alluvioni, da bombole di gas e piccoli incendi dolosi. Ma accetto tutto con rassegnazione come se fossero eventi meteorologici.
Dei giornali leggo solo le pagine sportive e la cronaca nera, gli articoli di fondo non li leggo perché li trovo scritti in sanscrito. Sono un uomo all’antica, temo le rivoluzioni culturali, i cortei degli studenti con gli striscioni che chiedono il rinnovo di tutto, ma io so che per loro quella è un’occasione per ballare e cantare come in un carnevale improvvisato, temo le femministe da battaglia perché penso che le femmine devono stare ai fornelli, a pulire la casa, allevare i figli e subire i programmi televisivi che io preferisco.
Ho uno stipendio fisso, fingo di lavorare perché ho messo a punto un’arte speciale: non apro una pratica per mesi e poi la accartoccio e la butto furtivamente nel cestino di un collega. Non sono felice ma quasi tranquillo. però sono perseguitato da una tassazione feroce. A me mi fa schifo pagare per un’assistenza che uno Stato quasi inesistente mi promette e non mantiene. Vi faccio una confidenza: io al bar sotto casa fingo indignazione per gli evasori fiscali e invoco per loro la fucilazione o la tortura. Ma fingo di essere onesto, dico di essere un brav’uomo rispettoso delle leggi ma sarei un evasore magistrale, un tangentista feroce, e alle volte sono costretto, per fare invidia a quelli dei bar, ad ammettere di essere un evasore totale. Insomma fingo perché la loro invidia mi rende quasi felice.
Lo so. dicono che sono noioso… Al bar del caffè della mattina parlo del tempo, sempre troppo caldo o troppo freddo, del traffico, delle buche naturali delle strade di Roma, delle partite di calcio che son tutte truccate, e qui c’è una pausa poi attacco: però-di-come-si-mangia-bene-in-Italia, che il nostro è il paese più bello dei mondo con un clima magnifico, per questo lo chiamano il Belpaese e gli stranieri ci vengono a frotte mentre in Germania fa freddo e si mangia di schifo e che in Inghilterra c’è la nebbia, che le coste della Norvegia e del Cile non si possono paragonare a quelle della Calabria perché noi siamo il paese col mare più pulito e che non andrei a vivere in Cile. Un cameriere cileno interviene con entusiasmo: «Allora voi siete stato in Cile?» «No mai» rispondo schifato, «e non c’andrei neppure se mi pagano». A questo punto faccio entrare trionfalmente in campo le lasagne di mia mamma, che come le fa mia madre non le fa nessuno e che gli arancini dei bar “da Nando” sono gli unici ai mondo.
Ho una qualità: sono abilissimo nel parlar male degli amici più cari ma li abbraccio affettuosamente tutte le volte che li incontro. Rubo nei supermarket bottigliette di tabasco ma mi piacerebbe rubare una manciata di Rolex nelle vetrine di via Condotti. Il mio sogno sarebbe non pagare le tasse ma me le trattengono dallo stipendio, per questo negli ultimi tempi son diventato quasi povero. Voi non lo sapete ma per i potenti le tasse non sono un problema perché sono degli acrobati dell’evasione. Una volta sono stato investito da un autobus, vado in ospedale con il braccio sinistro in mano a chiedere umilmente di riattaccarmelo, mi rispondono bruscamente: «C’è un po’ di attesa, ci lasci il braccio e torni fra un mese!». La sera stessa a casa accendo una tribuna politica. c’è un potentissimo che urlacchia: «Io ho perso un braccio in una rissa contro gli studenti di sinistra. Vedete però che il nostro Stato è sempre presente!» e orgogliosamente ne sventolava cucito uno nuovo. Non ci crederete, ma c’era ancora attaccato il mio vecchio orologio da polso. Però vi prego, non lo dite in giro che ho paura di passare dei guai.