Tsipras fa un passo indietro, l’Ue uno falso
Davide Giacalone – Libero
Non c’è stato e non ci sarà un EDay, un giorno decisivo per potere leggere con ragionevole sicurezza il futuro europeo. Ieri è stato quello del rinvio fiducioso, non mi stupirei se fosse seguito da qualche altro di sfiduciato approssimarsi, magari propiziato da qualche dichiarazione dei falchi tedeschi e degli avvoltoi greci. Una cosa è chiara a tutti, colombe e allocchi compresi: l’alternativa al restare nella medesima voliera consiste nel farsi sparare.
Il governo greco ha messo sul piatto quel che fino a qualche ora prima aveva negato: misure fiscali permanenti per il 2% del prodotto interno lordo (era stato chiesto loro il 2.5, ma non è una gran differenza, considerato che il pil è basso e in contrazione); tre aliquote Iva (ne erano state chieste due, ma tutto sta a vedere come modulate); e, cosa più importante delle altre, automatismi nel taglio della spesa pubblica, ove l’avanzo primario fosse minore di quello concordato, quindi in crescita, anziché in diminuzione, l’indebitamento. Dicono anche che le pensioni non si toccano, ma che cesserà la possibilità, considerata nefanda dal loro stesso ministro dell’economia, di poterci andare già da ragazzi. Come un tempo avveniva anche in Italia. Il piano greco è congegnato in modo tale da consentire a quel governo di far vedere agli altri europei che è andato incontro alle loro richieste e agli ellenici che ha resistito con eroica tenacia, vincendo più del previsto. I governanti europei, dal canto loro, hanno preso tempo, ma sanno bene che i soldi prestati ai greci non li rivedranno nel corso di questa vita, quindi tanto vale accontentarsi della promessa di serietà e restituzione. Adesso vediamo se, nel giro di una settimana, qualcuno riesce a rirompere le uova nel paniere.
Se si fosse trattato solo di soldi, sarebbe stato chiaro ai greci, assai prima, che non si può chiederne in prestito per poi concedere al proprio elettorato quel che i prestatori negano al loro, e sarebbe stato chiaro agli altri che pagare per salvare la Grecia costa meno che subire le infezioni diffuse da quella ferita. Se si fosse trattato solo di geopolitica, sarebbe stato chiaro a tutti, fin dall’inizio, che è dissennato immaginare una caduta del bastione Nato al confine con la Turchia. Per non dire dei pericolosi e sciocchi ammiccamenti alla Russia.
Il mescolarsi delle due cose ha prodotto una bevanda ad alta gradazione, che ha fatto salire l’arroganza demagogica dei greci e la pretenziosità contabile dei creditori, oltre che indurito la posizione di quanti (come Spagna, Portogallo e Irlanda) dalla crisi sono usciti accettando terapie dolorose, sicché non vedono perché altri possano limitarsi a chiedere la grazia. Nel corso di questa crisi, non conclusa, più guardi Atene e più capisci e solidarizzi con Berlino, perché non esiste il diritto a dilapidare o la sovranità del vivere al di sopra dei propri mezzi e con i soldi altrui. Ma più guardi Berlino e più capisci Atene, perché dopo avere tollerato conti truccati e dopo avere affrontato la crisi in modo da salvare le proprie banche e non i greci, si pretende che la loro progenie paghi debiti lievitati a causa di una cura inefficace. E più guardi Atene e Berlino più ti accorgi che sono spariti gli altri, ridotti a figuranti, perché ciascuno desideroso di usare la tragedia in corso in modo da nascondere qualche propria magagna contabile. Il che vale, inaccettabilmente, prima di tutto per la Francia e l’Italia. Non esistono EDay perché così come il divaricarsi degli spread era un sintomo dei difetti strutturali della moneta unica, e non giudizi morali su questo o quel Paese, il protrarsi della crisi greca è il riflesso di un deficit d’integrazione istituzionale. Particolarmente nocivo perché lascia intendere a non pochi elettori, sparsi per l’Europa, che si possa tornare alla spesa pubblica dissennata recuperando la sovranità monetaria. Il che evidenzia, al tempo stesso, pessima memoria e cattivi presagi.
Dopo quattro anni siamo dove eravamo. La sola cosa che è cambiata e ha funzionato è la Banca centrale europea. Per il resto è ancora vero quel che vedemmo allora e non è ancora fatto quel che era da farsi allora. A cominciare dalla federalizzazione di parte dei debiti. Non sarà una ulteriore settimana a cambiare le cose. Speriamo non sia usata per scassarle ulteriormente.