Ufficio respingimento investimenti stranieri
Oscar Giannino – Panorama
Più un paese è civile, più le sue leggi dovrebbero essere non retroattive. «La legge non dispone che per l’avvenire» recita l’articolo 11 delle Disposizioni sulla legge in generale premesse al Codice civile. Ma l’Italia tanto civile. Da noi la retroattività delle leggi è ammessa in materia civile, amministrativa e tributaria con l’eccezione del penale, tranne che in favore del reo. Le leggi retroattive intervengono a modificare rapporti economici, civili, amministrativi nel cui ambito cittadini e imprese hanno fatto scelte pluriennali spesso molto impegnative per le proprie finanze. In un mondo in cui i capitali sono molto più liberi e mobili delle persone, più la legge retroattiva, e soprattutto in materie ad alta densità di investimenti, più i capitali diffidano e si volgono altrove.
Era questo il quadro di fronte al governo Renzi quando a metà giugno è intervenuto per decreto legge modificando gli incentivi energetici. Buono il fine: un taglio a regime del 10 per cento della bolletta per le piccole imprese e famiglie, pari a circa 1,5 miliardi. Tra gli strumenti, alcuni anch’essi ottimi: come il taglio agli sconti in bolletta ai dipendenti Enel, San Marino e Vaticano, a Fs e Ntv o il potenziamento dei controlli sui molti, troppi, che beneficiano di sussidi.
Ma il punto dolente sono i 500 milioni attesi dalla rimodulazione incentivi ai “grandi” operatori del fotovoltaico, sopra i 200 kilowatt. Sono circa 8.600 imprese a cui andavano circa 4,1 miliardi di incentivi l’anno sui 6,7 complessivi al settore. Per loro, un’alternativa secca: o l’aiuto si spalma in 24 anni invece di 20, o resta a 20 ma con un taglio dell’8 per cento. Stiamo parlando della parte di solare in cui sono impegnate imprese medio grandi, italiane ed estere, e fondi internazionali. L’Italia è reduce già da 5 diversi “conti energia” dal 2006 in avanti, e dal 2012 si è imboccata la via di una riduzione di aiuti troppo generosi, alla luce della sovraccapacità complessiva elettrica in Italia. Questa volta però il taglio è secco. La protesta di Assorinnovabili è fortissima, a suo giudizio si rischiano dai 10 ai 20mila posti di lavoro. I fondi esteri hanno tuonato su Financial Times e Wall Street Journal. L’ambasciatore britannico Christopher Prentice si è detto preoccupato. Nel Regno Unito in un caso analogo il Tesoro si è trovato esposto a risarcimenti per 130 milioni di sterline. Assorinnovabili ha annunciato ricorsi alla Commissione Ue e alla Corte costituzionale, forte del ricorso analogo presentato dalle imprese spagnole alla Corte di Giustizia Ue.
Macché Destinazione Italia di cui parlava Enrico Letta o le nuove misure per attirare i capitali esteri come annuncia Matteo Renzi. L’affidabilità della parola data dallo Stato è criterio essenziale per vincere la gara degli investimenti esteri. Noi non siamo affidabili. Direte voi: ma allora come si fa, quando gli incentivi dati ai privati sono troppi e si vuole correggere? Bisogna ricordare due cose. La prima è il criterio della proporzione e del tempo, altrimenti si perde in sede giudiziale europea. La seconda è che uno Stato che non mostra alcuna energia a tagliare i propri sovraccosti non è credibile se usa le forbici sugli investimenti privati.