Un premio ai comuni “virtuosi”
Marco Rogari – Il Sole 24 Ore
C’è un filo rosso che unisce il “vecchio” federalismo fiscale con la “nuova ” spending review. È quello dei fabbisogni standard degli enti locali. Pensati nel 2009 per mandare in soffitta la spesa storica i nuovi indicatori sulle uscite di Comuni e Province si materializzano sotto forma di banca dati unica e accessibile da subito per le amministrazioni pubbliche e, da ottobre, per tutti i cittadini. Con una precisa mission: identificare in tempo reale le aree di spreco nelle uscite locali. E con un doppio ambizioso obiettivo: riformare a partire dal 2015 il sistema di perequazione portando dal 10% attuale (rimasto però sulla carta) al 40% la quota del fondo di solidarietà ripartito sulla base dei fabbisogni standard e delle capacità fiscali dei diversi territori; superare nel giro di due-tre anni il patto di stabilità interno dopo un anno di sperimentazione nel 2015 mantenendo fermo il pareggio di bilancio obbligatorio dal 2016. Un’operazione che dovrebbe essere avviata con la prossima legge di stabilità. E che, come evidenzia il sottosegretario alla presidenza, Graziano Delrio, dovrebbe anche consentire di abbandonare l’antica prassi dei tagli lineari.
Il punto di partenza è rappresentato dalla nuova banca dati OpenCivitas presentata al ministero dell’Economia, che è stata elaborata dalla società Sose in collaborazione con il dipartimento delle Finanze, guidato da Fabrizia Lapecorella. Banca dati che contiene le spese relative al 2010 dei Comuni delle Regioni a statuto ordinario e che viene proposta dal Mef come uno strumento tecnico a disposizione delle amministrazioni comunali e provinciali per confrontare le performance di tutti gli enti locali e gli scostamenti rispetto ai fabbisogni standard. Ma il presidente dell’Anci, Piero Fassino, fa subito notare che i dati non sono freschissimi e non tengono conto della stretta patita dai Comuni per le manovre dell’ultimo triennio.
Dalla fotografia, seppure un po’ datata, di OpenCivitas emergono dati inaspettati anche per la mancata comparazione del diversi impegno di risorse da parte dei Comuni per i singoli servizi (dall’istruzione al trasporto pubblico locale). Andrebbe ad esempio a Perugia la “palma” del Comune con il più ampio scostamento negativo nel 2010 tra i fabbisogni standard per abitante e la spesa storica (-31%), seguita da Brindisi (-29%), Taranto e Potenza. Il Comune più virtuoso sarebbe Lamezia Terme (+41%) mentre tra i capoluoghi di Provincia è Torino a guidare la classifica degli scostamenti positivi (7%) preceduta da Campobasso (+15%) ma seguita da Milano (+1%). Segno negativo per Roma (-7%), Firenze (-10%), Bologna (-5%) e Napoli (-4%).
A far capire che il Governo intende accelerare il più possibile sui fabbisogni standard, attivando entro l’autunno l’ingranaggio ancora mancante del meccanismo, ovvero quello della capacità fiscale standard, è il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta: «L’operazione che abbiamo in mente è quella di superare il patto di stabilità interno». Con l’entrata in vigore del pareggio di bilancio obbligatorio per tutti gli enti «dobbiamo studiare sanzioni per chi non lo rispetta ma – aggiunge Baretta – mantenere anche il patto di stabilità interno sarebbe una cappa inutile». Per Delrio con la banca dati parte «un’operazione di grande trasparenza che concretizza un pezzo importante di federalismo amministrativo». Il commissario alla spending, Carlo Cottarelli, definisce OpenCivitas «un esempio di best practice che molti Paesi ci invidieranno» e sottolinea che i fabbisogni standard «servono per un’operazione di efficientamento della spesa». Cottarelli conferma gli obiettivi minimi di risparmio delle sue proposte (5-800 milioni nel 2015 e 2 miliardi nel 2016) ma aggiunge che i dati possono essere aggiornati sulla base di nuove informazioni. Per Fassino il calcolo dei fabbisogni standard «è un esercizio prezioso, ma solo uno strumento tecnico che deve fare i conti necessariamente con la volontà politica».