«Basta tasse sulle tasse, l’unica via per crescere è meno spesa pubblica»

di Diana Alfieri – Il Giornale

Massimo Blasoni è il presidente del Centro studi di ispirazione liberale ImpresaLavoro ma soprattutto un imprenditore di prima generazione con 2.000 dipendenti che costruisce e gestisce residenze sanitarie per anziani. Le tasse in Italia sono veramente così alte?

«Le basti sapere che negli anni ’70 tasse e imposte rappresentavano il 24% del Pil nazionale, oggi superano il 43%. Nello stesso periodo negli Usa il rapporto è rimasto sostanzialmente inalterato: dal 23,5% al 26,4%. È evidente che con la logica del “tassa e spendi” nel nostro Paese il perimetro di attività dello Stato si è troppo accresciuto. L’Indice delle Libertà Fiscali ci relega all’ultima posizione in Europa, non solo per il carico fiscale ma anche per l’astrusità del sistema e il numero di adempimenti necessari. Negli ultimi cinque anni oltre alle imposte sul nostro reddito sono cresciute le tasse sulle tasse, cioè quelle che paghiamo ad esempio sulla casa ed il risparmio: il prelievo sulle nostre abitazioni è aumentato di 10,6 miliardi, nonostante il taglio della Tasi sulla prima casa».

Un vero salasso che colpisce anche il risparmio…

«Sì perché tra imposte sostitutive sui guadagni, imposte di bollo su depositi e strumenti finanziari e tobin tax nello stesso periodo anche il prelievo sul risparmio è cresciuto di 8,2 miliardi. Siamo vessati da mille gabelle, da quelle sul lusso alle accise, nonché dalle imposte istituite di fatto. Cosa che ad esempio fanno i Comuni quando, visti i tagli agli enti locali, aumentano le rette degli asili piuttosto che le tariffe delle mense scolastiche».

Tasse e burocrazia sono un problema anche per le imprese però…

«È noto che il total tax rate sulle imprese italiane è tra i più alti d’Europa eppure noi ci balocchiamo mentre Trump sta mettendo in atto una rilevante riduzione delle aliquote, dall’attuale 35% al 20% , e nel Regno Unito la corporation tax è già scesa al 19% da aprile. È vero che in Italia c’è stata una timida riduzione dell’Ires ma è stata compensata da altre imposte e l’eccessivo carico complessivo obiettivamente frena lo sviluppo. Ridurre le tasse alle imprese è ineludibile e non sarebbe una misura a favore degli imprenditori ma di tutti i cittadini poiché occupazione e crescita dipendono dalla nostra competitività. C’è poi da dire che si è in larga parte rotto il rapporto di fiducia tra sistema produttivo e Stato. Mettiamola così: se un’impresa non paga le tasse alla data prefissata scattano giustamente sanzioni anche gravissime. Lo Stato invece paga quando vuole i propri debiti con le aziende che lo forniscono. Si tratti di artigiani o di grandi imprese, gli importi complessivamente dovuti sono ancora oggi pari a 64 miliardi. In Italia l’attesa media dei pagamenti supera i 95 giorni, un tempo triplo rispetto a quello tedesco, che obbliga le nostre imprese a fare da banca allo Stato e ad essere a loro volta gravate da onerosi interessi passivi per l’anticipazione del credito. Con una battuta, forse neanche lo sceriffo di Nottingham si comportava così con i sudditi inglesi».

Tutto vero ma per ridurre le tasse occorre trovare le coperture…

«Ovviamente, ed è possibile solo riducendo la spesa pubblica, cosa che gli ultimi governi di sinistra non hanno fatto. La spesa corrente in valore assoluto continua ad aumentare mentre rispetto a sei anni fa si è ridotta di un terzo quella per investimenti: un errore in un Paese che avrebbe invece bisogno di nuove infrastrutture fisiche e soprattutto digitali».

Secondo il Commissario alla Spending Review Gutgeld si è avuta una riduzione dei costi pubblici nell’ultimo triennio pari a 30 miliardi annui, assorbiti però dalla maggior spesa per pensioni e sociale. Tagliare di più vorrebbe dire ridurre i servizi ai cittadini?

«È questa la grande bugia. Si può rendere più efficiente la spesa riducendola senza tagliare i servizi. Lo dimostra il fatto che ci sono regioni italiane – cito Lombardia e Veneto – che hanno bassi costi pro capite annui e ottimi servizi ed altre con incidenza ben maggiore e servizi che fanno acqua. Si stima che se la spesa nelle regioni si avvicinasse a quelle con le migliori performance si renderebbero disponibili tra i 50 e gli 80 miliardi di euro. Sia chiaro, da usare per ridurre le tasse e non per nuova spesa com’è nella tradizione della sinistra».