Il vero costo degli 80 euro
Giancarlo Mazzuca – Il Giorno
La priorità del neopresidente della Commissione europea, Jean-Claude Junker? L’economia, quindi crescita e lavoro grazie a 300 miliardi da spalmare in 3 anni. Sembrano molti, in realtà sono cento miliardi all’anno, pari a poco meno dello 0,6% del prodotto lordo che è di 16.700 miliardi. Le priorità del “piè veloce” Renzi? Riforme del Senato e della legge elettorale che sicuramente non creano Pil. Anzi, emerge ora che, grazie al decreto degli 80 euro nelle buste paga, nei prossimi tre anni saranno tagliati trasferimenti dallo Stato alle amministrazioni comunali per oltre due miliardi, in aggiunta quindi ai 15 degli ultimi sette anni. Questo significa per il Comune di Milano 15-20 milioni in meno di trasferimenti statali. Per i milanesi invece o più tasse o meno servizi. Il lenzuolo, insomma, da noi è sempre più corto. Il ministro Padoan sostiene che «non ci sono scorciatoie per la crescita» ma questo non vuol dire che si debba continuare a bastonare i tartassati contribuenti italiani. Già uno su tre non va più a votare, un italiano su dieci è considerato dall’Istat indigente, uno su tre ha avuto nel 2013 sofferenze sul lavoro, in sei anni la disoccupazione è quintuplicata mentre quella giovanile è raddoppiata. Ma il debito pubblico continua a stabilire record, produzione industriale ed export sono altalenanti, dismissioni e privatizzazioni sono di fatto ferme, i tagli della spesa pubblica sono irrisori per timore di scatenare rivolte, paghiamo interessi per 80 miliardi pur avendo un debito simile a quello della Germania che paga invece solo 50 miliardi di interessi. Questi sono temi che a Renzi non piace affrontare, possiamo solo consolarci con il “servizio civile” per 40mila giovani promesso dal ministro Poletti.
L’impressione è che ci si muova a vuoto. Junker dà qualche pacca sulle spalle, Draghi dice che di flessibilità non se ne parla, il Fmi avverte che e medio termine «ci sono grossi rischi per l’eurozona di finire in stagnazione». Ma non eravamo fuori dal tunnel? Evidentemente non è così: il Pil americano è in forte calo; la produzione industriale nell’eurozona è ancora giù del 12% rispetto a sei anni fa; lo scivolone del portoghese Banco Esperito Santo ha colpito non solo il settore bancario ma anche gli spread sovrani di Italia, Spagna e Grecia. Ora i Brics – ossia Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica – hanno dato vita a una banca di sviluppo alternativa al Fmi e alla Banca mondiale con riserve valutarie di cento miliardi di dollari. Noi invece assistiamo, contenti del nostro passo. Cioè fermi.