Carissimo Matteo, mi ricordi Schettino
Maurizio Belpietro – Libero
Non so se avete presente quei bambini che, presi in flagranza di marachella, insistono a dire di non aver messo le mani nella marmellata. Ecco, il governo mi pare si stia comportando esattamente come i ragazzini che negano l’evidenza. Ieri ad esempio il pur bravo e serio Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, in un’intervista al Corriere della Sera si ostinava a dire che, nonostante i dati del Pil diffusi dall’Istat, alla fine dell’anno il Prodotto interno lordo sarà vicino all’uno per cento in più. Per l’ex sindaco di Reggio Emilia gli analisti dell’istituto di statistica cui compete di rilevare gli andamenti economici sottostimerebbero la lotta all’evasione e gli impegni di spending review. Insomma,sbaglierebbero tutti, tranne Delrio e Matteo Renzi.
Stesso atteggiamento – almeno in apparenza – delle parti del ministero dell’Economia. Al pari del sottosegretario, Pier Carlo Padoan ripete che non ‘è da preoccuparsi se l’economia arretra invece di avanzare. Per risolvere la situazione e ripartire bisognerebbe spendere, far tornare a crescere i consumi. «Spendete», ha ripetuto il gran capo dei conti anche di fronte al flop degli 80 euro, respingendo le perplessità degli analisti e dell’opposizione. Non di meno le parole di uno dei consiglieri più ascoltati del presidente del Consiglio, l’economista israelo-americano Yoran Gutgeld, ora deputato del Pd. Per lui non ci sarebbe nulla da temere. Nonostante il calo del Pil bisognerebbe insistere nella direzione tracciata. Per il super consulente ci vorrà del tempo, magari tre anni, ma alla fine la ricetta miracolosa del governo funzionerà.
La verità è che, come i bambini presi con le mani nella marmellata, né Delrio né Padoan sono molto credibili. Le loro giustificazioni per il brusco calo dell’economia appaiono di rito, quasi come quelle del comandante Francesco Schettino già si preparava a salire su una scialuppa e a raggiungere l’isola del Giglio. Ora l’ex capitano della Concordia insegna impunemente come gestire il panico all’Università e le sue vittime – tranne una – riposano in un cimitero.
Certo, tra la nave della Costa Crociere e l’Italia ci sono diversità. Il nostro Paese a differenza del condominio viaggiante affondato per incoscienza mentre si inchinava davanti a un’isola non è adagiato sul fondale del Tirreno, ma rischia di finirci. I pericoli della situazione italiana sono evidenti. L’economia è ferma ma la disoccupazione aumenta. Il Prodotto interno lordo cala e le entrate potrebbero presto diminuire. Il debito pubblico cresce e in capo a poche settimane potrebbe aumentare anche lo spread. Come si fa a ripetere agli italiani di stare tranquilli? Come si fa a invitare tutti a tornare nelle proprie cabine quando la nave rischia di affondare? Come si può essere così irresponsabili da respingere l’offerta dell’opposizione per un governo di unità nazionale? In condizioni simili, dopo il fallimento di tre governi straordinari – uno tecnico (il peggiore) e due politici (ma non scelti dagli elettori) – c’è poco da scherzare, come ha fatto capire ieri la sferzata di Mario Draghi. Soprattutto, c’è poco da rassicurare e fare i bulli. Di comandanti Schettino non abbiamo bisogno. Semmai abbiamo la necessità di un governo che abbia il coraggio di decidere e varare in fretta le riforme di cui questo Paese ha necessità. Che non sono quelle elettorali o la finta abolizione del Senato. Come ho scritto ieri, con quelle non si mangia. C’è bisogno d’altro. Di quel che ha detto ieri il governatore della Bce: nuove regole per il mercato del lavoro, meno tasse, un drastico taglio della burocrazia, una giustizia che funzioni. Ma per fare questo non serve continuare a ripetere di stare tranquilli. Né ci si può illudere che prima o poi l’Europa ci consentirà di allentare i vincoli di bilancio che ci costringono a una politica di rigore. Ancora Draghi è stato chiarissimo sulla necessità di darci una mossa, pena il commissariamento: non ci sarà alcuna concessione della Merkel o di Hollande e sperare che la nomina di Moscovici all’Economia ci favorisca è una pia illusione.
Renzi-Schettino la smetta dunque di ballare sul ponte di comando con Dominika. Blandire gli elettori, stordirli di parole e promesse non servirà a portare in salvo la nave con il suo equipaggio e i suoi viaggiatori. L’inchino per ottenere più consenso e più applausi finirà come è finita la Concordia: in fondo al mare. Se non vuole questo finale, se non vuole un default o un’uscita dell’euro, cosa di cui molti ormai parlano, il premier si svegli. Una manovra che non ci faccia affondare è ancora possibile.