Nel mare di annunci neppure lo straccio di una promessa per le partite Iva
Stefano Filippi – Il Giornale
Matteo Renzi dice che nel programma dei mille giorni ce n’è per tutti. Che cambierà faccia all’Italia, che sono state fissate date certe contro l’«annuncite» e che i risultati del suo governo saranno tutti verificabili «passo dopo passo», e comunque entro il 2017. Sarà. Per il momento, l’unico dato certo e verificabilissimo, anche se per niente sbandierato perché l’esecutivo non ci fa una grande figura, è che dall’orizzonte del governo sono spariti gli artigiani, le piccole imprese, le partite Iva, i professionisti. Quella che una volta era la spina dorsale del Paese ora è ridotta dalla crisi a una cenerentola. Quella rete di attività imprenditoriali e professionali in cui si è sempre articolato il tessuto produttivo più vitale è finita nel dimenticatoio.
Riforme, riforme, riforme. Il sito internet passodopopasso che dovrebbe scandire il diario della svolta ne annuncia a valanga. Il Senato e le autonomie locali, la pubblica amministrazione e i permessi sindacali, la scuola e gli 80 euro. L’«annuncite» deborda in questo manifesto di belle intenzioni tradotte in diapositive (o «slide», come s’usa dire adesso): un miscuglio di cose fatte e da fare dove non mancano indicazioni minuziose come il piano per gli asili nido e l’elenco dettagliato dei cantieri con le infrastrutture dello sblocca-Italia. Ma per le partite Iva la mente del premier e dei suoi consiglieri non ha partorito nulla. Esse sono tagliate fuori dall’ondata di novità che scuoterà lo Stivale, per loro non sono previste svolte, semplificazioni, alleggerimenti, defiscalizzazioni. Renzi aveva già escluso i piccoli imprenditori dal «bonus» degli 80 euro, venduto dal governo come una misura che riduce le tasse mentre le tasse non sono state toccate. Con la sua «promessite», che fa il paio con la vituperata «annuncite», Renzi aveva garantito che quei mille euro annui sarebbero finiti in tasca anche ad artigiani e imprenditori. Ora sappiamo che le buone intenzioni (di cui, com’è noto, sono lastricate le vie per l’inferno) rimangono. Ma senza alcuna garanzia di allargamento. Ieri il governo ha cominciato a riempire il sito internet (passodopopasso.italia.it) dove misurare i risultati dell’«annuncite». Sotto la testata campeggia un conto alla rovescia, ma non appaiono le date «cui ci siamo auto-costretti», come ha proclamato Renzi lunedì. Non esistono scadenze, non è fissato un termine alle promesse se non il 2017 al quale il premier vorrebbe arrivare senza essere giudicato. Manca perciò anche qualsiasi auto-costrizione. Il sito è soltanto un elenco propagandistico di argomenti sganciati tra loro: dai lavoratori Electrolux salvaguardati alla giustizia civile, dai permessi sindacali tagliati alle eccellenze dell’agroalimentare.
Ma anche in questo trionfo dell’autocelebrazione non si programma nulla per venire incontro alla crisi dei produttori. Le richieste avanzate in questi giorni da Giorgio Squinzi, leader di Confindustria, e Sergio Marchionne, numero uno di Fiat-Chrysler,sono rimaste lettera morta nel «Millegiorni». Del «contratto unico conveniente per le imprese e i lavoratori» chiesto da Squinzi, sfrondando la giungla dei lavori flessibili come di quelli a tempo indeterminato, non c’è traccia. Evidentemente Renzi pensa di essersela cavata con il taglio del tasso base dell’Irap per le piccole imprese (10 per cento) deciso in primavera. Qualcuno gli dica che, secondo il centro studi della Cna, la riduzione è un’aspirina perché la tassazione complessiva è calata appena dello 0,60 per cento. Non c’è traccia nemmeno di una revisione della riforma delle pensioni targata Elsa Fornero, che inchioda i lavoratori fino a 67 anni impedendo il ricambio generazionale nell’occupazione.
Lo sblocca-Italia, che avvia investimenti già decisi da cinque governi fa, si occupa soltanto dei cantieri delle grandi infrastrutture, non delle piccole imprese. Per loro non si prevedono alleggerimenti burocratici, semplificazioni degli adempimenti amministrativi, sgravi fiscali, incentivi per riportare in Italia le attività trasferite in Paesi dove abbonda la manodopera sottopagata, e nemmeno aiuti per la conquista di nuovi mercati o semplicemente per favorire assunzioni. Perfino Susanna Camusso, leader della Cgil, ha detto che «il piano del governo è una serie di titoli in cui continuiamo a non vedere una reazione al fatto che non c’è uscita dalla deflazione, né dalla crescita della disoccupazione». E se lo dice lei…
Le associazioni produttive non cessano di lanciare allarmi. Su negozi e capannoni è in arrivo la stangata della Tasi. Aumenta il rischio dell’usura. L’Istat segnala che l’occupazione non riprende. Per ogni negozio che apre, ne chiudono due mentre si espande indisturbato il commercio illegale dei venditori abusivi. Ma il maratoneta Renzi è convinto che per rilanciare l’attività degli imprenditori sia sufficiente la riduzione dei permessi sindacali, il dimezzamento dei diritti da versare alle Camere di commercio, il tetto agli stipendi dei manager, la semplificazione dei rimborsi dalla Pubblica amministrazione e il bando per favorire la nascita di start up agricole e agroalimentari previsto nel 2015. Sono questi gli unici provvedimenti del «Millegiorni» che in qualche modo interessano il sistema produttivo. Briciole.