La Grecia ha il diritto di fallire. Fallisca
Carlo Lottieri
C’è qualcosa di incomprensibile, assurdo, davvero irrazionale, in questa crescente tensione che oppone Atene e Bruxelles, il governo greco e il resto dell’Unione europea. In sostanza, da anni la Grecia è vittima di politiche socialiste – per iniziativa della destra e della sinistra, senza rilevanti differenza tra l’una e l’altra – che hanno moltiplicato il parassitismo, i privilegi, gli sprechi. Sotto certi punti di vista, quel Paese è una sorta di Sud privo di un Nord, o meglio un Mezzogiorno che ha preteso di assegnare all’Europa il ruolo di ”ufficiale pagatore”. Per decenni la situazione ha in qualche modo retto, ma ora i nodi sono venuti al pettine.
La Grecia si ritrova quindi con una pletora di dipendenti pubblici e con una spesa fuori controllo, mentre il settore privato è davvero troppo debole e quasi impossibilitato a crescere. Per giunta, i greci hanno abbandonato la dracma per l’euro e hanno quindi accettato – almeno in linea teorica – di adottare comportamenti virtuosi a tutela della moneta comune.
Di fronte al disastro dell’economia greca, l’Europa ha reagito nel peggiore dei modi: dando soldi e imponendo una sorta di commissariamento”. L’arrivo ad Atene della troika ha favorito il successo, alle ultime elezioni, dell’estrema sinistra di Syriza, che ora vorrebbe continuare a incassare gli aiuti europei senza però adottare alcuna misura di austerità. Anzi, il programma elettorale che ha permesso a Tsipras di vincere è proprio agli antipodi di ogni politica che punti a ridurre le spese, smantellare il welfare, creare spazi per la concorrenza e il mercato. L’euro è molto di più di una moneta unica: purtroppo essa è stata concepita come un passaggio cruciale verso quella creazione di un’Europa unita che le élite del continente considerano necessaria e inevitabile. Questo è uno dei motivi per cui è tanto difficile proporre quello che invece dovrebbe essere obbligatorio fare: l’espulsione della Grecia dall’eurozona.
I greci hanno diritto di sbagliare. Hanno votato un demagogo e ora è opportuno che ne paghino le conseguenze. Non è pensabile che la burocrazia di Bruxelles o il governo tedesco possano dettare un programma alternativo a quello uscito dalle urne. È bene che non siano aiutati finanziariamente, tornino alla dracma, scontino le conseguenze del loro sganciamento dall’Europa (alti tassi sul debito), ma che abbiano la possibilità di sperimentare l’efficacia – se mai esiste – dei loro sogni anticapitalisti.
La libertà non si impone: né con l’esercito, né con il commissariamento dei regimi politici. È facile immaginare che una Grecia fuori dall’euro si troverà in pessime acque, non tanto perché l’euro sia chissà che cosa, ma perché senza vincoli esterni e senza la garanzia dei capitali altrui la Grecia è destinata a trovarsi in una condizione assai complicata. Non ci sono però alternative e certo non si creda che i postmarxisti di Syriza possano essere manipolati e fatti ragionare. La Grecia avrà problemi quando sarà fuori dall’euro, ma ne avrà perfino di peggiori se continuerà a essere sovvenzionata e resterà sotto una sorta di tutela straniera. Togliamo ogni alibi agli sfascisti al governo di Atene e lasciamo che quel popolo paghi le conseguenze dei propri errori di decenni.
Una Grecia che rimanga in tal modo all’interno della zona euro, per giunta, sarebbe un pessimo segnale per tutti: per la Spagna, la Francia e soprattutto l’Italia. Bisogna che tutti capiscano, e alla svelta, che non vi sono tedeschi o danesi disposti a pagare i buchi altrui. Il messaggio deve arrivare subito e in maniera molto chiara: ad Atene come altrove.