Gli immigrati pesano sui costi, non aiutano
di Massimo Blasoni
L’apporto dei lavoratori immigrati regolari al bilancio dell’Inps è incontestabile. Così non è invece per le tesi del Presidente Boeri, che auspica la loro crescita per far fronte allo sbilancio previdenziale (come noto, ogni anno occorre attingere alla fiscalità generale per ripianare le perdite). Sono tre gli elementi che a mio avviso rischiano di essere sottovalutati. Primo: il lavoro degli immigrai è utile ma deve concorrere a un aumento degli occupati e non sottrarre posti agli italiani. Questo fenomeno purtroppo esiste, nell’ultimo decennio si è registrata una crescita degli occupati stranieri che ha sfiorato il milione e una contemporanea diminuzione di 846mila lavoratori italiani. Secondo: quando si fanno i calcoli sull’importante apporto dei contributi previdenziali versati dagli immigrati non si può non considerare anche il debito implicito che si va formando. Si tratta di lavoratori a cui le pensioni dovranno essere in futuro pagate. Un’obbligazione che lo Statosi assume sia per le pensioni da lavoro sia per quelle assistenziali, che non sono correlate ai contributi corrisposti. A oggi sono finora 49.852 gli stranieri titolari di pensioni sociali che non hanno effettuato alcun versamento. Un numero destinato ad aumentare sulla base dei meccanismi di ricongiungimento familiare. Terzo: appare inoltre rilevante il numero di stranieri che svolgono professioni certo utili come colf e badanti, ma che prevedono bassi versamenti contributivi. Esiste così il rischio che un domani l’ammontare di queste pensioni risulterà superiore ai versamenti effettuati. Si tratta di temi che toccano tutti i lavoratori, connazionali e non,ma che obiettivamente ridimensionano il ruolo salvifico dell’immigrazione. Aggiungo che se i lavoratori stranieri in parte sostituiscono quelli italiani, questi non lavorando avranno bisogno di sostegno pubblico: un’indiretta promozione del reddito di cittadinanza. Il rischio insomma è un cortocircuito assai poco virtuoso.