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Gli immigrati pesano sui costi, non aiutano

Gli immigrati pesano sui costi, non aiutano

di Massimo Blasoni

L’apporto dei lavoratori immigrati regolari al bilancio dell’Inps è incontestabile. Così non è invece per le tesi del Presidente Boeri, che auspica la loro crescita per far fronte allo sbilancio previdenziale (come noto, ogni anno occorre attingere alla fiscalità generale per ripianare le perdite). Sono tre gli elementi che a mio avviso rischiano di essere sottovalutati. Primo: il lavoro degli immigrai è utile ma deve concorrere a un aumento degli occupati e non sottrarre posti agli italiani. Questo fenomeno purtroppo esiste, nell’ultimo decennio si è registrata una crescita degli occupati stranieri che ha sfiorato il milione e una contemporanea diminuzione di 846mila lavoratori italiani. Secondo: quando si fanno i calcoli sull’importante apporto dei contributi previdenziali versati dagli immigrati non si può non considerare anche il debito implicito che si va formando. Si tratta di lavoratori a cui le pensioni dovranno essere in futuro pagate. Un’obbligazione che lo Statosi assume sia per le pensioni da lavoro sia per quelle assistenziali, che non sono correlate ai contributi corrisposti. A oggi sono finora 49.852 gli stranieri titolari di pensioni sociali che non hanno effettuato alcun versamento. Un numero destinato ad aumentare sulla base dei meccanismi di ricongiungimento familiare. Terzo: appare inoltre rilevante il numero di stranieri che svolgono professioni certo utili come colf e badanti, ma che prevedono bassi versamenti contributivi. Esiste così il rischio che un domani l’ammontare di queste pensioni risulterà superiore ai versamenti effettuati. Si tratta di temi che toccano tutti i lavoratori, connazionali e non,ma che obiettivamente ridimensionano il ruolo salvifico dell’immigrazione. Aggiungo che se i lavoratori stranieri in parte sostituiscono quelli italiani, questi non lavorando avranno bisogno di sostegno pubblico: un’indiretta promozione del reddito di cittadinanza. Il rischio insomma è un cortocircuito assai poco virtuoso.

Migranti: nel triennio 2014-2016 l’emergenza sarà costata all’Italia 6,1 miliardi

Migranti: nel triennio 2014-2016 l’emergenza sarà costata all’Italia 6,1 miliardi

L’Italia ha ottenuto a Bruxelles uno sconto di 56,1 milioni di euro (da 281 a 224,9) per la sua quota parte del contributo di 3 miliardi che l’Unione europea verserà alla Turchia a fronte del suo impegno a regolare i flussi migratori dalla Siria. Il governo Renzi continua però a chiedere lo scomputo dal deficit delle spese che l’Italia ha già sostenuto e sosterrà per salvare e accogliere i profughi e clandestini: negli ultimi due anni 300mila persone sono già sbarcate sulle nostre coste e i nostri centri di accoglienza hanno ospitato e ospitano all’incirca 100mila migranti.

Ma a quanto ammonta effettivamente questo onere finanziario? Una ricerca del Centro studi ImpresaLavoro rivela che nel triennio 2014-2016 l’emergenza migranti sarà costata all’Italia circa 6 miliardi 145 milioni (1 miliardo 399 milioni nel 2014, 2 miliardi 115 milioni nel 2015 e 2 miliardi 629 milioni nel 2016).

La voce di costo più importante è quella dell’accoglienza in senso stretto, quindi il vitto e alloggio dei soggetti per cui si è provveduto all’identificazione e all’inserimento nelle liste di coloro che hanno richiesto asilo: alla fine del 2016 l’importo complessivo sarà stato di 3 miliardi 668 milioni (più di 643 milioni nel 2014, quasi 1,3 miliardi nel 2015 e 1 miliardo 752 milioni nel 2016). Gli sbarchi avranno generato circa 87 milioni di altri costi per la primissima assistenza (trasporti, noleggio strutture presso i porti, acquisto di coperte, indumenti, etc.), ai quali vanno aggiunti 1,2 miliardi di costi militari (pattugliamento delle coste, rafforzamento delle frontiere, le missioni navali e aeree, contributi italiani alle missioni Frontex e EuroForNavMed).

Non vanno poi dimenticate le spese sanitarie (quasi 863 milioni) e quelle amministrative (141,6 milioni) per le istruttorie delle pratiche di richieste di asilo nonché per il gratuito patrocinio. Infine, andrà aggiunto nel conto complessivo quanto speso nel triennio dagli Enti locali (185 milioni) per sistemare le aree adibite all’accoglienza nonché il costo della popolazione carceraria immigrata irregolare e quello dei relativi rimpatri.

«Emerge con chiarezza che i costi per la gestione di questa emergenza stanno crescendo esponenzialmente di anno in anno. L’effetto è generato in parte dall’aumento degli sbarchi, in parte dalla lentezza con con cui il nostro sistema esamina le richieste di asilo e e dispone gli eventuali rimpatri» commenta l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del Centro studi ImpresaLavoro. «Senza una vera politica europea di redistribuzione dei profughi tra tutti i Paesi rischiamo di ritrovarci con una pericolosa bomba nei nostri conti pubblici. L’Italia non può essere lasciata sola di fronte a questo dramma epocale».

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Il costo per l’Italia dell’emergenza migranti

Il costo per l’Italia dell’emergenza migranti

di Gianni Zorzi – Panorama

Alcune stime recenti hanno tentato di catturare il costo complessivo a carico dei contribuenti della gestione degli sbarchi di profughi e clandestini in Italia. In assenza di una contabilità precisa, le cifre che emergono sotto diverse ipotesi sono elevate ma del tutto realistiche. Uno studio di ImpresaLavoro ha cercato un approccio analitico provando a stimare, voce per voce, quanto costa l’emergenza migranti in Italia.
Primo dato: la scarsissima trasparenza. Nonostante un fenomeno che coinvolge 300mila persone sbarcate in due anni e quasi 100mila migranti ospitati nei nostri centri di accoglienza, non è stata ancora istituita una contabilità analitica dei costi sostenuti. In parte tale aspetto si deve alla distribuzione degli oneri tra i più diversi centri di costo, a livello locale oppure nazionale, che coinvolgono anche dipartimenti diversi come quello della sanità o della difesa. Per il resto, la mancanza di dati puntuali può giustificarsi nella condizione di emergenza, anche se tale ormai perdura da almeno due anni: gli arrivi dei migranti sulle coste italiane, secondo i dati del Ministero, sono passati dai 13mila del 2012 ai 43mila del 2013, per arrivare agli oltre 170mila del 2014. Al termine del 2015 il numero di sbarchi dovrebbe confermarsi di poco superiore a quello dell’anno scorso, e comunque difficilmente supererà la cifra di 175mila. L’assunto è confermato dai numeri più aggiornati forniti dal sottosegretario all’Interno Domenico Manzione in una recente audizione: i 137mila sbarchi registrati sinora corrispondono a quanto rilevato per l’anno scorso nello stesso periodo.
La più importante voce di costo è quella dell’accoglienza in senso stretto, quindi il vitto e alloggio dei soggetti per cui si è provveduto all’identificazione e all’inserimento nelle liste di coloro che hanno richiesto asilo: un importo di circa 643 milioni per l’anno scorso, destinato a diventare di quasi 1,3 miliardi a fine 2015. Questi costi sono in notevole aumento poiché un numero di sbarchi elevato come quello registrato negli ultimi due anni conduce ad un maggiore affollamento delle strutture. Le procedure per l’accoglienza dei migranti non sono così rapide da controbilanciare l’afflusso più corposo di profughi, e le presenze nei centri tendono di conseguenza ad aumentare. L’ondata del 2014 ha quasi quadruplicato, tra gennaio a dicembre, le presenze dei migranti che sono passate da 17mila a oltre 65mila. Considerando anche i dati ministeriali diffusi a più riprese nel 2015, stimiamo in oltre 109mila presenze il dato tendenziale prevedibile per dicembre e in circa 87mila quello medio dell’anno. Tali numeri si riferiscono a tutto il sistema delle strutture di accoglienza: sia quelle governative come la rete Sprar e i Cara, sia quelle in convenzione come i Cas. Per il 2016 è ancora molto presto azzardare delle previsioni ma se il trend non si inverte e gli afflussi proseguono agli stessi ritmi, c’è il rischio che la media delle presenze superi quota 120mila, con un possibile aggravio di spesa pari a circa 480 milioni di euro.
Abbiamo stimato infatti che il costo medio di questi centri sia pari a 40 euro al giorno pro capite, considerando un importo leggermente superiore a quello solitamente comunicata dal Ministero (35 euro) ma vicino al riferimento preso da altre stime come quella della Fondazione Leone Moressa per l’accoglienza in Veneto, e che appare comunque prudenziale tenendo presente una serie di aspetti. Bisogna ricordare ad esempio che i costi delle strutture alberghiere o altre strutture private e convenzionate esterne al sistema pubblico sono per forza di cose superiori, ed è proprio a causa della saturazione della rete Sprar che su queste strutture si concentra la gestione delle emergenze. Inoltre, il costo sanitario e amministrativo per i minori non accompagnati risulta sensibilmente più elevato. Ma ci sono anche gli aspetti riguardanti i possibili appalti gonfiati sotto inchiesta, che potrebbero aver contribuito ad un conto ancor più salato a danno dei contribuenti.
Di per sé gli sbarchi generano anche dei costi per la primissima assistenza (trasporti, noleggio strutture presso i porti, acquisto di coperte, indumenti, scarpe etc.) che potrebbero essere stimati in 168 euro a sbarco (circa 29 milioni all’anno in totale), sulla base dei dati forniti ad esempio dalla Prefettura di Siracusa per la gestione dell’emergenza 2014.

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A questi costi occorre aggiungere le spese sanitarie. Il conto preciso, in questo caso, diventa ancor più difficile. Secondo lo studio di ImpresaLavoro, il costo complessivo per il 2015 risulterebbe pari a quasi 290 milioni di euro, in aumento di circa 20 milioni rispetto al 2014 e con un potenziale aggravio di altri 12 milioni per il 2016. Tali costi non riguardano solamente gli ospiti dei centri di accoglienza provenienti dagli sbarchi (che stimiamo incidere quest’anno per non più di 35 milioni di euro), ma anche tutte le persone entrate clandestinamente in Italia e che stanno per ragioni diverse sul territorio del nostro stato. Non è semplice catturare i numeri di tale fenomeno, per il quale esistono ipotesi diverse: l’OCSE li ha stimati nel 2010 per una cifra che poteva arrivare sino a 750mila, la Caritas si spingeva fino ad 1 milione. Come riferimento per lo studio, si è scelta la stima di 651mila operata dalla Commissione Europea per il progetto “CLANDESTINO”. Il costo pro capite dei trattamenti sanitari a loro favore è altresì caratterizzato dall’assenza di sistemicità nella sua rilevazione. La nostra stima si è allineata ai report locali più autorevoli, seppur datati, che fanno propendere per un costo medio di 391 euro annui (Azienda Sanitaria di Milano), e comunque quantificabile nello 0,3% della spesa sanitaria complessiva (Agenzia Regionale Sanitaria Marche).
Oltre a questo si devono conteggiare le spese di giustizia. I richiedenti asilo sono una piccola parte del totale dei soggetti che sbarcano nel nostro paese. Tuttavia le richieste di asilo, al pari di qualsiasi atto amministrativo, richiedono un’istruttoria da parte delle autorità competenti e, soprattutto, possono essere impugnate. Secondo i dati riportati da Domenico Manzione, le domande già esaminate nel 2015 sono state 61mila, con un incremento del 30% rispetto all’anno scorso. È ipotizzabile, sulla scorta delle statistiche fornite per il passato dalla Commissione Nazionale per il diritto di asilo, che a fine anno gli esiti di diniego superino le 35mila unità, con la concreta possibilità di 23mila ricorsi attivati dai migranti. Ciò condurrebbe secondo le nostre stime a un ulteriore impatto di 59 milioni di euro, dovuti per le spese amministrative relative alle singole pratiche nonché quelli per il gratuito patrocinio.
Vi sono poi tutta una serie di costi correlati che ImpresaLavoro ha raccolto in una voce residuale di un importo pari al 5% dei costi generali per l’accoglienza, bassato sul valore di compartecipazione che i comuni attraverso l’Anci hanno stabilito per la messa in funzione del sistema Sprar/Cara. In questa voce s’intendono compresi costi come quelli sostenuti dagli enti locali per la sistemazione delle aree adibite all’accoglienza, la gestione degli arrivi dei profughi nei comuni, i costi di sicurezza, il costo della popolazione carceraria immigrata irregolare e quello dei relativi rimpatri. Nei primi otto mesi dell’anno sono stati allontanati dall’Italia quasi 10mila immigrati, respinti alla frontiera o espulsi e che si sono organizzati oltre mille voli charter. A questi vanno aggiunti i 486 arresti di scafisti. Un lavoro di questo tipo non interessa solo le coste siciliane ma anche i confini a nord con il fenomeno dei passeur e più in generale i molti controlli tra gli stranieri che si devono fare sul territorio.
Ad essi devono ancora sommarsi i costi militari, determinabili in almeno 400 milioni, che comprendono i costi per il pattugliamento delle coste, il rafforzamento delle frontiere, le missioni navali e aeree, i contributi italiani alle missioni Frontex e EuroForNavMed.
Il conto complessivo per il 2015 dei costi dell’emergenza migranti dovrebbe arrivare dunque, secondo lo studio di ImpresaLavoro, a 2,1 miliardi di euro, in aumento rispetto agli 1,4 miliardi spesi nel 2014. Per il 2016 invece, ipotizzando un numero di sbarchi paragonabile a quello registrato negli ultimi due anni, il costo potrebbe superare la cifra di 2,6 miliardi. La stima è per difetto: tutte le voci di costo sono state quantificate con cautela e nel complesso, del resto, non raggiungono la quota massima dello 0,2% del Pil (3,1 miliardi) comparsa nella nota di aggiornamento del Def 2015 pubblicata il mese scorso. Davanti a questo scenario, comunque, è chiaro che le somme promesse dall’Europa all’Italia per l’emergenza (circa 73 milioni di euro all’anno fino al 2020), non sembrano poi così elevate.

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