Che brutta figura!
di Giuseppe Pennisi
Tassiamo o, di converso, paghiamo tanto in tasse ed imposte. Spendiamo ancora di più di quanto incassiamo (con deficit che di anno in anno hanno portato il debito pubblico al 135% del Pil) ma – quel che è peggio – spendiamo male.
Nella calura estiva ce lo ha ricordato uno studio approfondito di Antonio Alfonso e di Mina Kanzemi (ambedue dell’Università di Lisbona, capitale del Portogallo, altro Paese che non se la passa proprio bene). Lo studio, Assessing Public Spending Efficiency in 20 OECD Contries , diramato come ISEG Economics Department Working Papers No WP 12/20/2016/DE/UECE. Lo studio aggiorna e compara lavori precedenti sullo stesso tema, soffermandosi sul periodo 2009-2013. Mette a raffronto in particolare indicatori sulla qualità del settore pubblico (Public Sector Performance – PSP) e sulla efficienza del settore pubblico (PSE). Per assicurare coerenza tra i vari indicatori viene utilizza una tecnica statistica chiama la Data Envelopment Analis (DEA). L’analisi mostra che solamente in Svizzera la spesa pubblica opera al pieno livello della tecnologia. In media, negli altri diciannove Paesi, hanno un indicatore di efficienza, dal lato degli input, pari a 0,732; in linguaggio colloquiale ciò vuol dire che si sarebbero mediamente ottenuti gli stessi risultati spendendo il 26,8% di meno. Dal lato dell’output l’indicatore è 0,769, ossia in media si sarebbe potuto ottenere, con i livelli di spesa erogati, il 23,1% di più.
L’Italia nella classifica si situa piuttosto male: siamo costantemente tra Portogallo e Grecia. Anche se tecnico, il lavoro dovrebbe interessare non solo pochi economisti ma la politica.