Il debito tedesco cala di 63 miliardi, il nostro salirà al 134,7% del Pil

di Claudio Antonelli – La Verità

Inarrestabile. Con questo aggettivo il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha definito il calo del debito rispetto al Pil. L’esclamazione non condiva una televendita, tipica della parte bassa del telecomando, ma la Nota di aggiornamento al Def, il documento programmatico per l’economia italiana. Nel testo, sulla quale si basa la manovra da presentare a Bruxelles entro il 20 ottobre, il governo prevede un taglio del debito fino al 129% del Pil. Peccato che arrivi a tale risultato senza tenere conto dei valori assoluti di spesa (in crescita del 3% in tre anni) e soltanto con la speranza di ulteriori impennate dell’industria e del prodotto interno lordo.

Uno sguardo retrospettivo sui precedenti Def approvati dai governi ad aprile può aiutarci, invece, a capire quanto siano credibili le stime circa un’inversione di questa tendenza. I documenti di programmazione economica hanno infatti, storicamente, il vizio di sottostimare la corsa del nostro debito. Negli ultimi sei anni soltanto in un caso (il 2015) l’esecutivo ha immaginato un rapporto tra debito e Pil superiore a quello che poi si è effettivamente realizzato. Tutti gli altri Def hanno sempre ipotizzato scenari ottimistici che poi sono stati smentiti dai bilanci consuntivi: gli errori vanno dai 7,5 punti del 2013 allo scostamento tra previsioni e realtà di quest’anno quando il rapporto tra debito e Pil finale dovrebbe essere “solo” di 0,7 punti superiore a quello ipotizzato da Pier Carlo Padoan ad aprile.

Il che offre pure l’occasione per sfatare un mito dell’antiausterity. Ovvero che tutte le economie Ue in ripresa abbiano spinto il piede sull’acceleratore della spesa per stimolare l’andamento del Pil. Dal 2014 ad oggi il debito pubblico italiano è cresciuto di 138 miliardi di euro, mentre quello della Germania è diminuito di 63 miliardi. La Danimarca ha lasciato per strada ben undici miliardi nello stesso lasso di tempo. L’Olanda 18 e l’Irlanda poco meno di sette. È questo uno dei dati emersi da una ricerca del centro studi ImpresaLavoro che, elaborando dati Bce, ha analizzato l’andamento dei debiti sovrani dal 2014 al primo trimestre 2017 delle cinque principali economie europee. In termini relativi, la Germania è riuscita a ridurre il rapporto tra debito e Pil dal 76,3% del 2014 al 66,9% di marzo 2017, l’Irlanda addirittura del 4,3%, Malta dell’11% e l’Ungheria del 6,9%. Al contrario, tutti gli altri Paesi europei hanno visto crescere questo indicatore. La Spagna supera la soglia psicologica del 100%, passando dal 98,1% del 2014 al 100,4% del 2017 mentre il Regno Unito fa salire il proprio indebitamento statale dal 86,5 all’88% del Pil. Peggio dell’Italia – che dal 131,6% del 2014 è passata al 134,7% del 2017 – ha fatto solo la Francia, che ha visto crescere il rapporto tra debito e Pil di 4,5 punti raggiungendo quota 98,7%: un aumento considerevole ma che va comunque a incidere su un debito percentualmente inferiore al nostro.In valori assoluti, negli ultirui tre anni, la Germania ha, come detto, ridotto il suo indebitamento di ben 63 di euro. Risultano in vece in crescita i debiti pubblici degli altri grandi partner europei: Spagna (+121 miliardi), Italia (+138 miliardi), Regno Unito (+197 miliardi) e Francia (+209 miliardi). L’analisi comparata di ImpresaLavoro si ferma al primo trimestre 2017, data in cui sono disponibili i numeri relativi a tutti i Paesi europei. E può risentire di variazioni a causa di aspetti congiunturali tipici dei primi mesi dell’anno in cui di solito lo stock di debito aumenta.

Un’analisi delle serie storiche mensili di Bankitalia, tuttavia, conferma il trend di crescita del nostro debito: da aprile a luglio il debito pubblico italiano è infatti cresciuto di ulteriori 39,4 miliardi, toccando quota 2.299 miliardi di euro. Nei primi sette mesi del 2017 il debito è aumentato complessivamente di 82 miliardi di euro, un dato in linea con lo stesso periodo del 2016 (+83 miliardi) ma nettamente superiore a quello del 2015 quando il nostro debito era cresciuto “soltanto” di 64 miliardi. «Nonostante le ripetute rassicurazioni del governo sull’andamento del nostro debito pubblico, questo continua purtroppo a crescere inesorabilmente: da marzo a luglio sono ben 5 i mesi consecutivi in cui il debito statale è aumentato per cifre mensili che vanno dai 2,1 miliardi di giugno ai 20,4 miliardi di marzo» osserva l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente del centro studi ImpresaLavoro. «Il tema è molto serio perché questo rappresenta uno degli indicatori più preoccupanti del nostro Paese: se volessimo traguardare il nostro debito ai livelli di quello spagnolo o francese dovremmo auspicare una riduzione pari rispettivamente a 575 e 603 miliardi di euro. Gli aumenti che abbiamo invece riscontrato in questi mesi ci dicono che gli obbiettivi di riallineamento ai principali partner europei sono un puro miraggio». Se non bastasse, c’è anche l’Fmi a smontare il dati «inarrestabili» di Padoan. Secondo le ultime previsioni macroeconorniche redatte dal Fondo monetario, il debito pubblico italiano salirà quest’anno al 133% in rapporto al Pil, in rialzo rispetto al 132,6% registrato nel 2016. Il prossimo anno, quindi, l’errore di sottovalutazione del Tesoro risulta pari a 1,4 punti percentuali. Ne deriva che la Germania resta un esempio. Mentre l’Italia è un benchmark costantemente negativo. Con qualunque valuta i nostri bilanci sarebbero allo sbando.