Deficit, tasse e spending review: Padoan risponda a 10 domande
Renato Brunetta – Il Giornale
Le riforme costituzionali – Senato, Legge elettorale, Titolo V della Costituzione – sono indubbiamente un momento centrale della legislatura. Ma non è su questo terreno che si misureranno i successi o gli insuccessi governativi. Sarà l’economia il vero banco di prova. Nella risposta ad una crisi profonda, come mai lo è stata, si gioca sia il futuro di Matteo Renzi sia quello del suo ministro dell’Economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan. Ma soprattutto quello dell’Italia. La nostra opposizione alle misure finora annunciate e, per la verità scarsamente attuate, si basa su queste considerazioni. Forza Italia non può essere travolta in un eventuale fallimento, per la semplice ragione di non avervi contribuito. Abbiamo cercato in tutti i modi di lanciare responsabili appelli ai naviganti. Conoscendo le difficoltà oggettive che frenano ogni slancio lungo il sentiero della ripresa, avevamo invitato alla prudenza. E suggerito vie alternative. A partire da un maggiore impegno programmatico per il decreto Poletti del mercato del lavoro e sul cosiddetto Jobs Act.
C’era una logica nel nostro modo di operare. All’appuntamento europeo, dopo le tante critiche subite e l’onta di essere considerati «vigilati speciali» al pari della Croazia e della Slovenia, dovevamo presentarci con risultati concreti. Nessun compito a casa, per carità. Ma riforme imprescindibili se si vuol ritrovare il senso di una possibile prospettiva. Che poi coincidano in parte con le raccomandazioni della Commissione europea è solo un dato di realtà. Operando nel senso indicato, saremmo stati più liberi di poter esprimere tutte le nostre critiche alla politica economica tedesca. E reclamare il rispetto dei Trattati, che non possono valere solo per taluni, ma devono essere impegnativi per tutti. Compresi quei Paesi il cui eccesso di surplus nelle partite correnti della bilancia dei pagamenti equivale a violazione. Si poteva reclamare una politica reflazionistica, basata sull’aumento della domanda interna di quel Paese, per ridurre il surplus commerciale e quindi contenere la rivalutazione dell’euro. Oppure creare nuove strutture finanziarie – si pensi agli eurobond – per il rilancio degli investimenti o la messa in comune almeno di una parte del debito sovrano.
Dicevamo: c’era una logica in questo nostro modo d’operare. Nasceva dall’osservazione attenta dei dati drammatici della situazione italiana: una produzione industriale che continua a regredire, un tasso di crescita complessivo ben al di sotto delle rosee e comunque minimaliste previsioni governative, una disoccupazione che ricorda la grande crisi del 1929; un debito pubblico che continua a crescere a ritmi forsennati; una finanza pubblica fuori linea; una povertà sempre maggiore. E potremmo continuare. Oggi il governo si trova di fronte la drammatica prospettiva di un’indispensabile manovra correttiva. E che rischia di complicare una situazione già estremamente difficile. Se questo avverrà, sarà l’intero castello di carte a venir giù. Rimarrà solo la testimonianza di un’opposizione – la nostra – che non ha mai avuto paura di sporcarsi le mani indicando vie alternative, proposte concrete per evitare ritardi ed errori, dimostrando la più totale e completa disponibilità al confronto. Un’occasione che il governo ha clamorosamente mancato, ma che consentirà ad una forza politica come la nostra di ripartire. Nell’interesse profondo dell’Italia.
Per questo ancora oggi poniamo al ministro dell’Economia e delle finanze, Pier Carlo Padoan, 10 domande alle quali dovrà rispondere in Parlamento.1. Quanto peserà in termini di deficit la crescita italiana più vicina allo zero che non allo 0,8% delle previsioni?
2. Con ogni probabilità l’Ue non accetterà la proposta dell’Italia di posporre al 2016 il pareggio di bilancio. Come verranno corretti i conti pubblici?
3. Come e quando il governo intende far fronte alle raccomandazioni della Commissione europea?
4. Il governo intende render strutturale il bonus di 80 euro ed estenderlo ai pensionati, ai lavoratori autonomi e ai cosiddetti “incapienti”. Costo: almeno 15 miliardi. Con quali coperture?
5. Nel tendenziale di finanza pubblica sono incorporati tagli da realizzare attraverso la spending review. Come si recupereranno le risorse che mancano all’appello?
6. Debiti della Pa. Per Banca d’Italia ci sono ancora 75 miliardi da pagare. Come farà il governo a saldare tutto?
7. Il debito pubblico italiano già a maggio è superiore di 25 miliardi rispetto alle previsioni del Def. Come si intende rimediare?
8. Nei primi quattro mesi del 2014 le entrate fiscali sono aumentate dell’1,4% contro un’ipotesi di crescita del 3,1%. Il buco virtuale è d circa 8 miliardi. Come colmarlo?
9. Nel tendenziale di finanza pubblica sono previste privatizzazioni per 10 miliardi l’anno per il prossimo triennio. I tentativi finora portati avanti si sono dimostrati un flop. Come recuperare il tempo perduto?
10. Il presidente del Consiglio ha più volte escluso l’ipotesi di una manovra correttiva. Alla luce dei dati forniti, ci può indicare come avverrà il miracolo?