Una commedia degli equivoci
Danilo Taino – Corriere della Sera
Certe volte, sempre più spesso, l’Europa è il palcoscenico di una commedia degli equivoci. Di fronte alla disoccupazione alta, alla stagnazione dell’economia, al pericolo della deflazione, gli equivoci non dovrebbero però essere ammessi: l’eurozona è tornata a vivere una stagione di crisi e le ambiguità politiche e interpretative la rendono drammatica.
La telefonata di ieri di Angela Merkel a Mario Draghi andrebbe catalogata tra gli scambi di valutazioni tra leader di fronte all’emergenza – non diversamente dall’incontro in Umbria di Matteo Renzi con il presidente della Bce una decina di giorni fa. La famosa frase di Draghi che bloccò la crisi del 2012 – la Banca centrale avrebbe fatto «qualsiasi cosa» per evitare la rottura dell‘euro – fu, per dire, preceduta da una conversazione tra il presidente della Bce e la cancelliera tedesca. Invece, oggi, si tende a verdere ovunque scontro e divisione. Non dovrebbe essere così.
La gravità della situazione nell’area euro – l’unica al mondo che non riesce a togliersi di dosso i postumi della crisi e sembra immobilizzata – è chiara a tutti. E i governi sanno che vanno messe in opera tutte le azioni – riforme, politiche di bilancio, politiche monetarie – capaci di scuotere la situazione, di dare una svolta. Significa che i governi nazionali devono fare quelle riforme finalizzate a rendere efficienti le economie: erano il presupposto della creazione della moneta unica europea, 15 anni fa, e molti Paesi non le hanno fatte. Significa che spese produttive e riduzioni del peso fiscale vanno messe in campo per stimolare le economie. Significa che la Banca centrale europea deve fare tutto ciò che può per evitare la spirale della deflazione e per favorire il credito all’economia. Il fatto è che tutto è chiaro, non ci sono misteri. Ma ci sono gli equivoci.
Al seminario dei banchieri centrali di fine agosto a Jackson Hole, Wyoming, Draghi ha sostenuto che «nessuna quantità di aggiustamenti fiscali o monetari può sostituire la necessità di riforme strutturali: la disoccupazione strutturale era già molto alta nella zona euro prima della crisi». Senza riforme strutturali, più spesa pubblica e una politica monetaria espansiva semplicemente non funzionano, perché si perdono nelle sabbie di economie inefficienti. Qualche media internazionale ha invece dato una lettura del discorso di Draghi a Jackson Hole come un ripudio delle politiche seguite finora dall’eurozona, volute soprattutto dalla Germania. Commentatori e mercati sono entrati in confusione e, probabilmente, così qualche governante. In realtà, la posizione di Draghi – nota non da ora – è che si tratta di fare riforme che mettano i Paesi in grado di beneficiare di ogni azione espansiva possibile, di spesa o monetaria che sia. Non c’è equivoco, se non lo si crea.