L’austerity affonda l’Italia, l’inclusione sociale è al livello di Romania e Bulgaria

Andrea Tarquini – La Repubblica

In Italia la crisi economica ha raddoppiato il numero dei poveri, che sono ormai il 12,4 per cento del totale della popolazione, una percentuale allarmante e anomala per un paese industriale. E quanto a inclusione sociale, cioè alla capacità di inserire le persone nella vita sociale e lavorativa normale, il nostro paese è sceso al ventiquattresimo posto sui ventotto paesi dell’Unione. Soltanto l’Ungheria dell’autoritarismo nazionalista e darwinista del premier Viktor Orbàn, la Romania, la Bulgaria (cioè il più povero dei paesi dell’Unione europea) e la Grecia stremata dall’iperindebitamento e dalle draconiane misure di rigore imposte dalla troika, stanno peggio di noi. Lo afferma la fondazione Bertelsmann, l’influente centro studi legato alla grande azienda editoriale tedesca, nel suo rapporto pubblicato stamane.

Gli italiani poveri, cioè costretti a pesanti privazioni materiali, scrive il rapporto, sono quasi raddoppiati dall’inizio della crisi economica, passando dal 6,8 per cento della popolazione nel 2007 al 12,4 nel 2013. Lo studio pone l’Italia, appunto, al poco invidiabile 24esimo posto per inclusione sociale. Nella Ue stanno peggio di noi soltanto un paese relativamente industrializzato ma certo non come i big dell’eurozona, cioè l’Ungheria di Orbàn, e due Stati in crisi acuta, cioè la poverissima Bulgaria, la Romania e la Grecia. Ai vertici della classifica sono invece paesi del Nordeuropa, cioè Svezia, Finlandia e Danimarca. Il rapporto della fondazione Bertelsmann è stato compilato tenendo in considerazione diversi parametri, tra cui i metodi e politiche di prevenzione della povertà, l’inclusione nel mercato del lavoro, l’equo accesso all’istruzione e la giustizia nel rapporto tra le generazioni. Il documento sottolinea comunque che in generale la situazione è in peggioramento nell’intero vecchio continente.

In particolare, “le rigide politiche di austerità portate avanti durante la crisi, e le riforme strutturali miranti alla stabilizzazione economica e dei conti pubblici, hanno avuto nella maggior parte dei casi, nei paesi in cui sono state varate, effetti negativi sulla giustizia sociale”. Il rapporto suona tra l’altro, a livello politico, come una implicita ma durissima critica e sconfessione della politica della priorità al rigore a tutti i costi e al consolidamento dei bilanci sovrani, che la Germania governata da Angela Merkel in grande coalizione con la Spd e gli altri paesi “falchi” dell’Eurozona continuano a tentare di imporre a governi e opinioni pubbliche del resto dell’Unione.