L’occasione giusta per le imprese italiane
Danilo Taino – Corriere della Sera
Com’è possibile che l’economia italiana, in recessione da oltre due anni, abbia continuato a tenere sui mercati esteri? Con un aumento medio annuo delle esportazioni, tra il 2005 e il 2013, del 2% in volume e di quasi il 4% se misurato in dollari (dati Wto)? Ristrutturazione delle aziende, in particolare uso intenso dell’innovazione – sembra essere la risposta. È vero che lo Stato è inefficiente. È vero che il tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro è stato elevato durante gli anni della Grande Crisi. Ma forse proprio per questi vincoli le imprese che hanno voluto sopravvivere non hanno potuto fare altro che innovare, a 360 gradi.
Eurostat ha calcolato che nell’Unione Europea l’Italia è quarta per quota d’imprese considerate innovative. Se la media Ue conta il 48,9% di aziende che tra il 2010 e il 2012 hanno innovato, l’Italia è al 56,1%. Meglio hanno fatto solo Germania (66,9%), Lussemburgo (66,1%) e Irlanda (58,7%). In tutti e quattro i settori considerati, le italiane sono sopra la media Ue. Il 29,1% ha effettuato innovazione di prodotto (sempre nei tre anni 2010-2012), contro una media europea del 23,7%. Nell’innovazione di processo, le percentuali sono rispettivamente del 30,4 e del 21,4. Il 33,5% delle aziende italiane ha cambiato e modernizzato l’organizzazione, mentre in Europa lo ha fatto il 27,5% delle imprese. Nelle novità di marketing, infine, la quota delle italiane è il 31% e la quota europea il 24,3%.
L’Ufficio statistico della Ue fornisce anche dati, aggregati a livello europeo, della differenza di risultati tra le imprese che hanno innovato e quelle che non l’hanno fatto. Tra le innovative, il 60% ha aumentato il fatturato, il 56% ha abbassato i costi, il 51% ha aumentato i margini di profitto e il 42% ha accresciuto la propria quota di mercato. Tra le non innovative, solo il 48% ha aumentato il fatturato e abbassato i costi, il 36% ha aumentato gli utili e il 29% ha conquistato fette di mercato.
A parte l’importanza, ben conosciuta, dell’innovazione, i dati sembrano indicare che l’intreccio tra lo Stato inefficiente e l’euro forte ha costretto a ristrutturazioni serie le imprese italiane. Questo non per dire che ora l’euro indebolito sarà negativo e che le riforme strutturali, se ci saranno, indeboliranno l’energia delle aziende italiane. Al contrario, per dire che siamo su una base solida: l’opportunità del momento può essere notevole.