La montagna e il topolino
Giuliano Cazzola – La Nazione
All’avvicinarsi della ‘prova del fuoco’ dei decreti delegati (gli schemi saranno predisposti nel Cdm della vigilia di Natale) emerge con chiarezza la caratteristica del Jobs Act Poletti 2.0, almeno per quanto riguarda la questione del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti con annessa la disciplina del licenziamento individuale. Per diversi motivi, durante il travagliato percorso della legge delega, si è assistito a un duro scontro politico che non trovava riscontro nelle norme che venivano profilandosi nella ‘navetta’ tra le due Camere. Il governo e la maggioranza dichiaravano intenti innovatori non riscontrabili nei principi e criteri direttivi; le opposizioni (a partire da quelle interne al Pd e dalla Cgil) denunciavano gravi abusi di cui non venivano ravvisate tracce nei testi. Alla fine, si è arrivati alla seguente mediazione: «… escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l’impugnazione del licenziamento».
Se è pacifico che, nel caso di nuovi assunti con il contratto a tutele crescenti, il licenziamento economico ingiustificato sarà sanzionato soltanto con un indennizzo (si sta discutendo sulla misura e se, oltre a un tetto massimo, debba essere prevista una soglia minima) è altrettanto chiaro che, per «specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato» il giudice potrà ordinare la reintegra. Corre voce che il governo si stia orientando a sanzionare così i casi in cui venga accertata l’insussistenza del fatto che ha determinato il recesso. Più o meno quanto già previsto nella legge Fornero. La montagna si appresta a partorire il topolino, come denunciano settori della maggioranza? Forse sarebbe stato meglio vigilare sulle mediazioni che il Pd conduceva al proprio interno, piuttosto che sperare di ignorarne la portata al momento dei decreti. Sarebbe almeno importante riconoscere al datore soccombente l’alternativa di optare per un’indennità risarcitoria, anziché attenersi all’ordine di reintegra.