Salvò un’azienda dal crac, la burocrazia lo punisce
Fausto Carioti – Libero
L’aula di Montecitorio, dove ieri Matteo Renzi ha promesso «una politica economica espansiva che rialimenti la fiducia tra imprese e cittadini», vista da qui è davvero dall’altra parte della Luna. Siamo a Noventa di Piave, in provincia di Venezia. Una settantina di dipendenti diretti e altrettanti nell’indotto, fatturato che dopo un periodo diflìcile è cresciuto sino a quota 20 milioni, commesse importanti all’estero, un curriculum che vanta edifici come il ponte di Calatrava, il Lingotto di Torino firmato da Renzo Piano e l’hotel Vela a Barcellona: i numeri per andare avanti ci sono, ma dinanzi un lucernario non a norma di legge valgono poco. La Simco Tecnocovering rischia di finire nel lungo elenco delle vittime dell’ottusità della burocrazia.
L’impresa progetta e applica quelle facciate di vetro e metallo diventate, grazie agli archistar, il simbolo della modernità. Il gruppo cui apparteneva, la Lorenzon Techmec System, si era trovato sul baratro quattro anni fa. Ma aveva commesse e contatti sparsi per il mondo e un know how di tutto rispetto. Così l’azienda di Noventa fu acquistata dalla Simco Tecnocovering, consociata del gruppo che fa capo al friulano Marco Simeon. Da allora ha lavorato per costruire le facciate del ministero della Difesa francese a Parigi, della torre di Telecom Maroc a Rabat, della nuova sede del Credit Agricole a Nantes e del palazzo Trebel a Bruxelles, destinato al Parlamento europeo, e in molti altri cantieri. Insomma, il lavoro non manca e i tempi brutti sembrano alle spalle.
Se non fosse per quel lucernario, di cui ha scritto ieri il Corriere del Veneto, e tutto quello che esso rappresenta. Tre anni fa Simeon aveva acquistato la sede dell’azienda dal tribunale. Decide di cambiare la distribuzione degli spazi e presenta un progetto in sanatoria. Tutto bene, tranne il torrino in alluminio e vetro che sporge di quattro metri. Si scopre che il massimo previsto dal progetto originario è ottanta centimetri. È un abuso ereditato dalla vecchia proprietà, ma alla burocrazia non interessa. Siccome il permesso di costruire dura tre anni, Simeon chiede tempo per trovare una soluzione. La risposta è un’ordinanza del Comune datata 24 aprile, in cui si obbliga alla demolizione del lucernario entro 90 giorni. Copia dell’ordinanza è inviata alla procura e «comunicata agli uffici competenti per l’eventuale cessazione delle forniture e dei servizi pubblici». Così ora l’azienda rischia di trovarsi senza acqua né elettricità e con un procedimento penale in più.
«Non manderò mai a casa i miei dipendenti», assicura Simeon parlando con Libero. «Smonterò il torrino, perché sono costretto a farlo dalla burocrazia, e andrò avanti con la mia attività». Ma questa storia è una metafora: se la racconta, spiega, e solo perché è un esempio di ciò che accade a tante altre imprese. «Stiamo parlando di una società che ha salvato il personale di quella che era fallita, ne ha acquistato i beni, è andata in giro per il mondo a vendere il suo prodotto nonostante i problemi creati dalla burocrazia, ha portato i quattrini fatti all’estero in Italia, li ha riversati sul territorio, e qui trovo chi mi intima di smontare un torrino che ho comprato dal tribunale».
Simeon comincia a capire chi va via. «I grossi gruppi come Fiat hanno iniziato a mettere le loro società fuori da questo sistema, ma sono in tanti che ci stanno pensando. Io in questo momento non ho intenzione di farlo, ma se dal punto vista fiscale e burocratico si va avanti così una simile scelta diventerà inevitabile per la sopravvivenza del nostro sistema imprenditoriale».