Si fa presto a dire “Tfr in busta”
Massimo Calvi – Avvenire
L’anticipo della liquidazione in busta paga, secondo l’ipotesi più generosa allo studio del governo, dovrebbe portare nelle tasche dei lavoratori 100 euro netti in più al mese, se la media sono i redditi da 23mila euro lordi. Una retribuzione più “ricca”, tuttavia, può produrre un effetto poco simpatico per le famiglie con figli, come ha messo in evidenza un dossier di “Repubblica”: il rischio è perdere una parte di detrazioni e poi finire anche in una fascia Isee più alta, e dover dunque pagare rette più care per asili nido, mense scolastiche o tasse universitarie, fino a vanificare il beneficio dell’aumento, quando non a renderlo sconsigliabile.
Non è un problema del Tfr, è una questione antica che si ripropone. In sostanza il combinato tra un fisco modellato sul reddito individuale, che non valuta adeguatamente i carichi familiari, e la struttura delle tariffe dei servizi per i minori legate ai redditi, finisce per generare situazioni paradossali. È come se il sistema “spingesse” i cittadini ad accontentarsi di uno stipendio contenuto, ad avere pochi figli e a non darsi molto da fare per migliorare la propria condizione di lavoro: tanto poi scattano gli aumenti di tasse e tariffe. Un’incoerenza che dovrebbe spingere chi si interroga sulle ragioni della mancata crescita dell’Italia a concentrarsi anche sulle responsabilità del sistema fiscale.
Il vero punto critico resta in ogni caso il deficit strutturale di attenzione alle famiglie, in particolare a quelle numerose, e ai bambini in generale. A tutti i livelli. Il peso delle rette di nidi e mense, con i rincari diffusi, rappresenta oggi una delle voci più importanti nei bilanci delle famiglie. Oltretutto, l’uso improprio dell’indicatore Isee non per agevolare le fasce deboli, ma per “tassare” quelle medie, finisce per penalizzare chi paga già le tasse e contribuisce in modo progressivo al finanziamento dei servizi pubblici. L’anticipo del Tfr nelle buste paga dei lavoratori può forse servire a rilanciare i consumi. Ma è difficile che questo si verifichi – l’esperienza del bonus da 80 euro insegna – in assenza di altri interventi, considerato che ogni misura che non tiene conto dei carichi familiari finisce per configurarsi come una palese ingiustizia.