Si sa dove tagliare, se si vuole
Marco Bertoncini – Italia Oggi
Peccato che il lavoro svolto da Carlo Cottarelli sia destinato a restare in larga misura inattuato. Eppure basterebbe applicare anche soltanto una parte dei suoi suggerimenti, consigli, riflessioni, per ottenerne ampi vantaggi. Citiamo un solo caso, venuto fuori ieri nel corso della seduta della commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria: il numero dei Comuni. Il commissario alla revisione della spesa, ormai in limine vitae, ha osservato che 8.000 Comuni sono troppi, che bisognerebbe ridurli (così da consentire fra l’altro un più facile coordinamento), che occorrerebbero «meccanismi premiali» per favorire gli accorpamenti.
Andrebbe osservato che anche venti regioni sono troppe: il Molise potrebbe costituire una provincia non una micro regione a sé, popolosa come un municipio di Roma Capitale. Sono troppe pure le centodieci e oltre province: ovviamente, se ne era annunciata prima la riduzione, poi la soppressione completa, ma finora si è vista solo la soppressione del suffragio popolare. E poi sono troppe le aziende partecipate i consorzi, gli enti intermedi… Basterebbe pensare a quel che succede in questi giorni, in conseguenza dei malanni ambientali: si rimpallano le responsabilità regioni e autorità di bacino (o come si chiamano), consorzi di bonifica e comuni, protezione civile e perfino tribunali amministrativi, senza dimenticare che ci sono perfino le non dissolte province a introitare il loro sempre vivo tributo ambientale, con destinazione ignota ma pagato come addizionale sulla Tari.
Sì, Cottarelli ha ragione: bisognerebbe promuovere gli accorpamenti. Non la semplice nascita di unioni fra comuni, ma la totale dissoluzione di più comuni piccoli in un solo comune maggiore, più esteso e più popoloso. La questione non va ristretta ai cosiddetti oneri per la politica, perché in tal caso il risparmio (pur presente) sarebbe ridotto: va invece inserita in un discorso di semplificazione dei troppi e troppo invadenti e spesso conflittuali enti pubblici, per diminuirne sia il numero sia la prevalenza nella vita civile. Secondo recenti dati dell’Istat, oltre 3.500 Comuni contano meno di 2.000 abitanti ciascuno, più di 2.100 hanno una popolazione fra i due e i cinque mila abitanti, altri 1.100 e passa stanno sotto i 10mila amministrati. Sarebbe fuori luogo chiedere di accorpare, tempo un anno, almeno i quasi 140 enti che hanno meno di 150 abitanti, a livello cioè di un condominio nemmeno troppo popoloso?