Una strategia da ripensare per non disperdere le risorse
Alessandro Rota Porta – Il Sole 24 Ore
Bisogna voltare pagina rispetto all’attuale sistema dei bonus per le assunzioni. Il gap tra fondi utilizzati rispetto a quelli stanziati dalle diverse norme in materia dimostrano lo scarso appeal delle misure adottate dal legislatore negli ultimi anni. Il rischio è quello di disperdere risorse preziose che potrebbero essere destinate a un taglio trasversale del costo del lavoro, a maggior ragione nella fase economica attuale, con l’instaurazione di nuovi rapporti di lavoro praticamente al palo.
Il declino dell’impianto che regola le agevolazioni sulle assunzioni è peraltro da ricercare in altri fattori, oltre alla negativa congiuntura occupazionale. Intanto, le misure sono state via via introdotte badando solo alle esigenze contingenti, volte a favorire questa o quella particolare categoria di lavoratori o di settore produttivo, senza seguire una logica organica. Inoltre, l’applicazione effettiva delle misure si è rivelata spesso farraginosa, per via del ritardo con cui sono arrivati i provvedimenti attuativi rispetto alle norme istitutive dei bonus. Allo stesso modo, anche le istruzioni di prassi – indispensabili per garantire la piena operatività degli incentivi – hanno creato criticità agli operatori per la loro complessità o per le procedure di assegnazione, talvolta legate alla “lotteria” dei click-day. Non è bastato, ad esempio, come aveva previsto la riforma Fornero del 2012, sostituire un incentivo cambiandogli semplicemente pelle: la staffetta tra il contratto di inserimento e i bonus destinati alla ricollocazione degli over 50 e delle donne «svantaggiate» non ha sortito infatti risultati attesi (come dimostrano i dati pubblicati in questa pagina).
L’altro “flop” – più recente – è stato quello del «bonus Letta» per l’assunzione dei giovani, destinato nei piani del Governo di allora a creare centinaia di migliaia di posti di lavoro: i risultati si sono rivelati modesti, anche per la complicatezza delle regole da rispettare. La stessa agevolazione ha addirittura rischiato di mettersi in concorrenza con altri contratti incentivati, come l’apprendistato, dal momento che si rivolgeva alla stessa platea di soggetti. Proprio i dati recenti sulle assunzioni in apprendistato, che danno questo istituto in sensibile crescita nel secondo trimestre dell’anno, dimostrano che la chiarezza delle regole è un presupposto fondamentale per dare appeal alle misure adottate agli occhi dei datori di lavoro. Gli ultimi interventi legislativi sull’apprendistato (il decreto «Giovannini» dell’anno scorso e soprattutto il decreto «Poletti») hanno portato una ventata di semplificazione, ricreando fiducia nei confronti di questa tipologia di rapporto.
Alla luce di queste esperienze – per non ripetere gli errori commessi – varrebbe forse la pena di abbandonare il puzzle dei bonus per dare vita a un concreto abbattimento del costo del lavoro, svincolato dalla sussistenza di doti specifiche da ricercare nei lavoratori. Se è vero che alcune categorie di soggetti sono più penalizzate di altre nell’entrare nel mercato del lavoro o nel ricercare nuova occupazione, è altrettanto vero che una sforbiciata al cuneo fiscale potrebbe portare a una maggiore competitività e quindi al rilancio dell’occupazione in genere.