Come far crescere l’economia

In questi ultimi giorni sono stati pubblicati due paper che spiegano indirettamente perché il Governo Renzi ha fatto cilecca, soprattutto in materia di crescita economica, e per quali motivi gli italiani hanno respinto a grande maggioranza, le sue proposte di riforma.

Il primo è un lavoro congiunto di Università scandinave ed americane. Ne sono autori Carl Henrik Knutseon (Università di Oslo), John Gerring (Università del Texas ad Austin) e Svend Eruk Skaaning (Università di Aarhus). Il suo titolo è “Local Democracy and Economic Growth” ed è apparso in una rivista politologica piuttosto che economica (V.Dm, Working Paper 2016.39). Il lavoro riprende studi teorici di North e Putnam, che promuovono la democrazia a livello locale con controllo sociale e incentivi ai politici locali in modo che scelgano politiche che favoriscano lo sviluppo economico, tra cui l’offerta di beni pubblici. Applicano i teoremi di North dal 1900 ai giorni nostri e trovano prove robuste che la democrazia locale favorisce la crescita. Il nesso è valido anche tendendo conto di effetti specifici di singoli Paesi o di particolari periodi temporali. Test econometrici aggiuntivi dimostrano che la relazione è ancora più chiara e più forte in contesti in cui il gioco democratico opera meglio e con maggiore efficacia a livello centrale/nazionale e quando le regioni hanno un ruolo più spiccato nella formulazione e attuazione di politiche economiche. Una tesi che contraddice l’ipotesi del referendum renziano di trasferire competenze dalla periferia al centro. Se ci sono state o ci sono disfunzioni, vanno curate senza bloccare sul nascere la democrazie locali.

Il secondo lavoro – apparso su Economic Inquiry (Volo.55 pp. 98-114, 2017) – è quello di Santiago Acosta-Ormaecha (Fondo Monetario) e Atsuyoshi Morozumi (Università di Nottingham) e spiega come riallocare la spesa pubblica in funzione della crescita economica a seconda dei differenti livelli di reddito. Lo studio copre 83 Paesi nel periodo 1970-2011 e conclude che il modo più efficace consiste nel riallocare verso l’istruzione spese destinate al welfare. Una strategia ce va applicata in particolare a Paesi a basso reddito medio.