Nuove tasse? Prima le Regioni taglino gli sprechi
Daniele Di Mario – Il Tempo
C’è chi le difende e chi le attacca. Chi ne sottolinea gli sforzi di risanamento e abbattimento delle spese e chi invece ne ricorda gli scandali. Lo scontro politico sulle Regione prosegue, così come il dibattito sulla legge di stabilità. I governatori restano in trincea, nonostante l’apertura di Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd e governatrice del Friuli che invita a valutare la manovra «nel suo complesso», ma ammonisce: «Siamo tutti chiamati con responsabilità ad azioni di governo, anche in Friuli Venezia Giulia abbiamo messo mano a molte sacche di improduttività, constatando che la razionalizzazione della spesa ha margini di miglioramento».
Perché il nodo alla fine è sempre quello: tagliare. Non i servizi, non la sanità, ma gli sprechi. E le Regioni italiane ne abbondano, nonostante nell’ultimo biennio dopo i vari scandali che hanno interessato un po’ tutti i Consigli d’Italia, abbiano intrapreso un percorso di revisione di una spesa che complessivamente ammontava a 131 miliardi e che conteneva dentro di tutto, dagli studi per le trote ai consulenti per la neve, il salvataggio delle biblioteche in Mauritania e le auto blu. I Consigli regionali hanno fatto la loro parte, riducendo i compensi dei consiglieri, tagliando gruppi e commissioni, abolendo i vitalizi. Ma sarebbe disonesto negare che le Regioni potrebbero fare di più, mettendo mano ad esempio a società partecipate ed enti (comunità montane, enti parco, unioni di comuni, università agrarie), riducendo gli assessori esterni, razionalizzando le spese per una sanità spesso fuori controllo, tagliando dirigenti e ruoli apicali. Le Regioni spendono complessivamente molto più dei Comuni e del Parlamento e rappresentano circa un terzo della spesa pubblica italiana. Ma la questione afferisce al più generale e cronico problema del regionalismo italiano.
Il ministro per gli Affari Regionali Maria Carmela Lanzetta è netta: «Il periodo è molto complesso, dobbiamo tutti quanti rinunciare a qualcosa, riorganizzarci per favorire l’assunzione di giovani nelle aziende, che mi sembra una buona risposta alla crisi». Ma Stefano Fassina – che parla di «tagli drastici, orizzontali, insostenibili a servizi fondamentali» – contrattacca: «Capisco le posizioni dei presidenti delle Regioni, che non sono estremisti antirenziani: sono solo attenti ai servizi che devono tagliare o alle tasse che debbono aumentare». Il governatore del Piemonte e presidente della Conferenza delle Regioni Sergio Chiamparino apre ufficialmente la trattativa col governo: «Da Renzi andiamo con delle proposte concrete, che non toccano i quattro miliardi ma che li articolano in modo tale da consentire di reggerli. La polemica è inevitabile, ma è indispensabile un incontro per raggiungere l’obiettivo. Il premier ha ragione quando dice che ci sono tanti sprechi da eliminare, ci sono delle cose da migliorare come le società partecipate, ad esempio. E poi parliamoci chiaro, è anche vero che sugli sprechi, come diceva il Vangelo, chi è senza peccato…». E Paola De Micheli, vicepresidente vicario del gruppo Pd alla Camera difende i governatori: i tagli di 4 miliardi alla Regioni «sono un fattore di preoccupazione per le possibili ripercussioni su alcuni servizi ai cittadini».
Ma la materia è delicata. Fabrizio Cicchitto (Ncd) chiede alle Regioni di darsi un taglio, mentre in FI non c’è univocità di giudizio. Giovanni Toti e Raffaele Fitto si trovano finalmente d’accordo su una cosa: la difesa degli enti locali. Mentre Maria Stella Gelmini dice nettamente che «il taglio di 4 miliardi ai trasferimenti non può diventare l’alibi per i presidenti delle Regioni di aumentare le tasse locali o i ticket nella sanità. È il tempo della responsabilità. Le Regioni devono trovare il grasso che cola dai loro apparati burocratici, e ne hanno ancora tanto, prima di pensare a mettere le mani nelle tasche dei cittadini». Già, ma loro, i governatori, restano sull’Aventino. Stefano Caldoro (Campania) usa Twitter per ricordare a Renzi i tagli effettuati e propone di sciogliere le Regioni per varare le macroaree. Roberto Maroni (Lombardia) attacca: «Non sarà l’esecutore testamentario, il killer, della Regione più virtuosa d’Italia. Renzi vuol riportare le Regioni a com’erano negli anni Settanta». «Da quale cattedra viene la lezione sugli sprechi delle Regioni? È irricevibile», sbotta Nichi Vendola (Puglia). Luca Zaia (Veneto) minaccia: «Il ricorso contro la legge di stabilità lo faremo».