gianluigi paragone
Basta bugie, più imposte anche sulla casa
Redazione Edicola - Opinioni casa, fisco, gianluigi paragone, libero, tasse
Gianluigi Paragone – Libero
«Basta con l’industria della lagna, non è vincente» dice Matteo Renzi. Basta con l’industria delle promesse e delle parole al vento, potremmo replicare noi. Aggiungendo che le bugie alla lunga innervosiscono (e sto buono con le parole). Renzi non ha chiaro che i numeri, alla lunga, sono macigni. Prendiamo le tasse. Dopo averci raccontato che sulla casa avremmo pagato di meno e che i Comuni sarebbero stati accorti agli equilibri sociali, esce fuori che tra Imu e Tasi i Comuni hanno recuperato nel 2014 l’intero gettito del 2012 della sola Imu. Altro che riforma per abbassare le imposte sulla casa: qui stiamo pagando di più. La tassa sui rifiuti è molto più costosa rispetto al passato. Non solo. Chi è uscito penalizzato dal gap fiscale sono proprio le fasce più deboli, visto che i più facoltosi – come dimostreremo oltre – nel 2012 pagarono di meno. Alla faccia degli ottanta euro come mossa sociale…
I numeri, dunque. Partiamo da chi ha rendite catastali più basse. Chi ha pagato tra Tasi e Imu fino a 50 euro ha avuto un incremento pari al 21,7% rispetto al 2012. Chi invece ha pagato tra i 50 e i 100 euro s’è preso una mazzata di un bel più 40,1 per cento. Saliamo ora di livello e prendiamo la fascia di coloro che hanno rendite catastali alte e che hanno pagato tra i 500 e i 600 euro tra Tasi e Imu. Bene, per costoro il risparmio è stato del 32,9%, Meglio ancora se hanno versato oltre 600 euro: quasi meno 50 per cento di differenza rispetto al 2012. Per essere un governo la cui golden share è detenuta da un partito di centrosinistra direi che come asimmetria di gettito non è male. La morale è che dalle parti del Pd la tassazione aumenta, visto che al quadro ora descritto vanno aggiunti aumenti di Iva, imposte di registro e bollo, Irpef fondiaria e sulle locazioni e compagnia cantante. La cantonata sull’Iva infine sarebbe stata talmente forte che il governo ha fatto l’ennesima retromarcia tornando al vecchio regime dei minimi. Evidentemente Renzi ritiene che il jolly degli 80 euro (bonus speso per pagare gli aumenti vari) lo metta al riparo sul fronte sociale. Non è cosi.
Anche il casino generato sul contante da versare in banca è sintomatico della predisposizione di questo governo verso il mondo bancario e a totale svantaggio dei cittadini meno abbienti. La retromarcia di Casero non cancella l’idea di fondo messa già nero su bianco. L’esperienza insegna che quando si passa dalle parole ai fatti significa che a qualcuno è stato promesso qualcosa. E le promesse fatte ai forti si mantengono. Nel caso specifico, il qualcuno sono le banche le quali hanno solo da guadagnarci se si applica un balzello sui versamenti bancari. Dico di più. Assottigliare anche l’uso del contante non risolverà nulla sul fronte della lotta all’evasione (il grande capitale mica è in banconote!), di contro consentirà agli istituti di credito di aumentare i servizi legati alla moneta digitale e – peggio ancora – di agevolare eventuali e futuri prelievi forzosi dai conti corrente come accadde in Italia con Amato e recentemente a Cipro.
Costanti aumenti delle tasse e squilibri sociali nella forbice tributaria sono la molla che spingono all’evasione cosiddetta di sopravvivenza. Più lo Stato mette alle corde i piccoli e più sarà inevitabile scegliere tra il pagamento degli stipendi o il mantenimento della famiglia da una parte e il pagamento delle imposte e delle tasse dall’altro. Se infine ci metti il delirio del grande fratello fiscale ispirato alla esasperazione burocratica e al sospetto del potenziale evasore (poi mi dovranno spiegare perché per Serra vale la presunzione di innocenza rispetto alle operazioni in Borsa sulle popolari mentre su artigiani, commercianti eccetera s’inverte l’onore della prova fiscale obbligando i cittadini a dimostrare di non essere evasori…) il governo ha fatto bingo.
Ah, dimenticavo. Per capire le logiche su cui si muove la lotta all’evasione è giusto ripetere fino alla noia l’esempio (mica isolato…) del salumiere napoletano che per avere regalato un panino a un uomo con problemi psichici s’è beccato una multa per evasione fiscale! Ecco, questa è l’Italia. Più tasse per i deboli e mano pesante sulla gente perbene. In mezzo a tante parole, se Renzi avesse voglia di spiegare non sarebbe male…
Prodotto interno lurido? Allora legalizziamo prostituzione e spinelli
Redazione Edicola - Opinioni droga, economia, gianluigi paragone, libero, pil, prostituzione, ricchezza
Gianluigi Paragone – Libero
Scusate, ma se parte dei proventi delle attività illecite vanno bene per gonfiare un po’ di pil europeo e quindi ritarare il debito (soliti trucchetti da pezzenti…), domando: perché non vogliamo aprire gli occhi su droga e prostituzione? Perché alcol, sigarette e gioco d’azzardo possono rientrare nell’elenco dei buoni, mentre droga e mignotte no? O meglio, no con qualche se e qualche ma perché resta sempre vero che il denaro non puzza. Il ricalcolo del pil italiano non può essere liquidato come tema ragionieristico, varrebbe la pena (e qui lo faccio) di finirla con questo finto perbenismo tutto italiano e di legalizzare prostituzione e droghe leggere. Sulla prostituzione soprattutto sarebbe ora di 1) abrogare la legge Merlin; 2) legalizzare l’esercizio sessuale in casa; 3) creare quartieri a luci rosse; 4) tassare l’attività delle lucciole. Ci sarebbe un quinto che però appartiene al costume: la libertà sessuale.
Quando ne parlo mi sento ripetere che uno stato magnaccia sarebbe inopportuno. A parte che ormai se lo stato fosse solo magnaccia sarebbe il minore dei mali, ma spiegatemi perché il gioco d’azzardo sì, l’alcol sì, il tabacco sì e le droghe leggere (cannabis) e la prostituzione no. La prostituzione è nella pelle delle nostre città ma nel controllo quasi totale di organizzazioni criminali. Inoltre chiudiamo gli occhi sull’esercizio della prostituzione in casa, pubblicizzata su giornali e siti internet: ci vuole nulla per farsi una trombata in santa pace.C’è un mercato enorme su scambi e offerte di prestazioni che non capisco il motivo per cui debba stare sommerso e oscuro. Per non dire dei vari giocattoli e attrezzi sessuali che fanno la felicità di venditori e produttori. Insomma,il sesso ci circonda e siccome quello a pagamento si consuma sotto i nostri occhi (farisaicamente chiusi) forse è il caso di fare i conti con l’oste.
L’errore più grossolano che si commette ogni volta che si affronta l’argomento è condizionarlo a un registro morale. Sapete che vi dico? Chissenefrega della morale! Piantiamola. Insisto, se c’è un’attività che non conosce crisi è quella legata al sesso, quindi – siccome fa meno male dell’alcol e del gioco d’azzardo – sbrighiamoci a uscire dalla Merlin. Il sesso straborda in ogni luogo, reale e virtuale: insomma non c’è una sola ragione per non legalizzare la prostituzione e non far godere così anche il gettito fiscale. A meno che non si voglia darla vinta ai bacchettoni in mutandone.
Infine non mi sta affatto bene che per sistemare la contabilità si debbano inserire proventi in mano alla criminalità; se quel denaro non puzza allora cerchiamo di sottrarlo ai criminali. Vale per la prostituzione così come per alcune droghe. Quelle leggere. La cannabis, almeno. Perché non si può vendere in appositi coffee shop? In America si è aperto un dibattito politico, prima ancora che giuridico, sull’uso della marjuana. Ci sono Paesi dove la vendita e il consumo sono leciti senza tanti alambicchi normativi. Aggiungo che nemmeno sullo spaccio hanno senso alcune osservazioni critiche visto che ogni volta che si debbono fare i conti con colpi di spugna gli spacciatori sono i primi a fare festa.
Un’ultima considerazione. Spendo alcune righe sul fatto che la cannabis è una droga ormai superata, poco attrattiva tra i giovani i quali “debuttano” spesso con le droghe sintetiche assolutamente più dannose del vecchio spinello. Lo dico per abituarci all’idea che anche le sfide che ci pongono le nuove generazioni sulle tossicodipendenze sono già più avanti del dibattito politico.
Per chiudere. Se puttane e droga valgono bene un’aggiustatina dei conti economici, allora, cari politici, giù la maschera. Legalizziamo.