I navigator rischiano di perdere la rotta

di Massimo Blasoni*

Il nostro Paese non brilla certo per efficienza quanto a formazione e politiche attive per il lavoro. Un esempio è quanto avviene in Friuli Venezia Giulia, una Regione a statuto speciale e per giunta del Nord. Le norme impongono a case di riposo ed ospedali di avere tutto il personale con qualifica di Operatore dei Servizi Sociali. La disposizione è degli ultimi anni e ha imposto a moltissimi lavoratori di acquisire rapidamente il titolo per mantenere il proprio posto di lavoro. Peraltro il settore è in crescita e dunque richiede costantemente un maggior numero di operatori specializzati. Malgrado questo, non vengono indetti dalla Regione – l’unica titolata a farlo – che pochissimi corsi di qualificazione. Solo alcune decine di ambitissimi posti l’anno a fronte di migliaia di domande. Sia chiaro, non è consentito a privati o associazioni di categoria di promuovere autonomamente i corsi. L’effetto paradossale è che da un lato ci sono donne che perdono il loro lavoro per carenza di titoli mentre dall’altro le aziende sono costrette a cercare in altre regioni o all’estero operatori muniti di qualifica.

Questo è solo uno dei tantissimi casi di cervellotica burocrazia italiana. Tra l’altro viene spontaneo supporre che chi rimane senza un’occupazione finirà poi per chiedere il… reddito di cittadinanza. Per trovare lavoro non bastano i Centri per l’impiego, innanzitutto per la carenza di organico: se raffrontati a quelli di Paesi come la Francia e la Germania sono decisamente sottodimensionati. Un dato per tutti: i Centri per l’impiego italiani contano all’incirca 8mila operatori contro i 55mila addetti dell’agenzia pubblica francese Polè Emploi, a fronte di un contesto demografico comparabile. Pensare però che saranno risolutivi i nuovi 10mila navigator, che le disposizioni sul reddito di cittadinanza annunciano, sarebbe un errore. Il matching, l’incontro tra imprese e lavoratori, ha innanzitutto bisogno di una coerenza tra offerta formativa e domanda, che troppo spesso latita. Non basta rafforzare i Centri per l’impiego. Formare un numero adatto di professionisti dell’Information Technology, analisti dei big data, ma anche di progettisti meccanici, tornitori e fresatori specializzati è fondamentale e serve alle aziende e ai lavoratori molto più che ogni forma di sussidio.

*Imprenditore e presidente del Centrostudi ImpresaLavoro