L’asticella del debito e il sovranismo
Il debito pubblico è uno dei temi di fondo delle elezioni presidenziali in Francia, il cui primo turno è il 23 aprile. Lo sarà anche di quelle tedesche e italiane. Su questo tema si è scritto proprio tutto? La settimana scorsa è uscito un paper con interessanti novità negli Economics Research Papers di Bath (N. 61/17). Ne sono autori due economisti spagnoli Marta Gomez-Puig e Simon Sosvilla Rivero. Si intitola Heterogeity in the Debt-Growth Nexus. Evidencce from EMU Countries (Eterogeneità nel nesso tra debito pubblica e crescita) e ci riguarda da vicino. Sulla base di dati e analisi più recenti mette in discussione circa venti anni di scritti secondo cui, sulla base del lavoro pioneristico di Carmen M. Reinhart e Kenneth S. Rogoff, il debito pubblico frena la crescita se supera il 90% del Pil.
Sulla base di un’analisi relativa ai Paesi dell’unione monetaria europea dal 1961 al 2015, Marta Gomez-Puig e Simon Sosvilla Rivero pongono l’asticella molto più in basso utilizzando tecniche di analisi più raffinate di quelle di Carmen M. Reinhart e Kenneth S. Rogoff. In tutti i Paesi dell’unione monetaria, il debito pubblico comincia ad avere effetti negativi sulla crescita quando raggiunge il 40% del Pil nei Paesi dell’Europa centrale ed il 50% in quelli dell’Europa meridionale. L’obiettivo, fissato nel trattato di Maastricht, che il debito non superi il 60% del Pil dovrebbe essere, quindi rivisto al ribasso. Secondo i due economisti spagnoli, le politiche di austerità devono continuare ad essere applicate nell’unione monetaria ma, dato che non sembra abbiano inciso sul debito, vanno accompagnate da politiche strutturali tali da aumentare i rispettivi Pil potenziali. Tuttavia, l’asticella varia da Paese a Paese, una media generalizzata sarebbe poco utile. L’analisi conclude che l’aggiustamento dovrebbe essere più lento in Grecia e Spagna e più veloce in Italia.