tempi di pagamento

Lo Stato incassa e non paga

Lo Stato incassa e non paga

di SANDRO IACOMETTI

Servizi per i pagamenti «sempre più accessibili, tempestivi e facili da utilizzare». Così, ieri, l’Agenzia della Riscossione (ex Equitalia) pubblicizzava la sostituzione del vecchio bollettino Rav con il nuovo modulo PagoPa, che consentirà di saldare il proprio debito con lo Stato (cartelle e avvisi) in qualsiasi modo e in qualsiasi momento, al bar, per strada, con un telefonino, con un pc o, se si ama la tradizione, agli sportelli postali e bancari. Si tratta dell’ennesima trovata del fisco per togliere al contribuente qualsiasi alibi sul mancato o ritardato versamento delle imposte. Come sottolinea il comunicato, il pagamento deve essere «tempestivo».Anche perché, in caso contrario, scattano sanzioni, penali e salatissimi interessi.
Meno innovazione, ma stessa determinazione è quella con cui in queste settimane sono alle prese i pensionati, invitati via posta ordinaria a restituire rapidamente i soldi ricevuti in più per colpa dei ritardi del legislatore e dell Inps nell’applicare i tagli all’adeguamento degli assegni all’inflazione. Anche in questo caso, la tempestività è d obbligo. Se l’anziano non ottempera entro il 18 ottobre, la pratica passerà agli Agenti della Riscossione, con tutte le complicazioni e i costi del caso. Ma l’Inps non è lo stesso ente che ogni mese deve versare quattrini ai pensionati? Perché non effettuare una compensazione tra crediti e debiti?

Apriti cielo. La nuova parola d ordine del presidente Pasquale Tridico è: basta azzeramenti di pendenze, soprattutto quando ci sono di mezzo le imprese. Lì, assicura il fedelissimo di Luigi Di Maio, che sta cercando di convincere sull’argomento anche il premier Giuseppe Conte e il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, si annidano sacche enormi di evasione che può essere facilmente recuperata (lui dice addirittura tra i 2 e i 5 miliardi). Come? Incrociando i dati del fisco con quelli dell’Inps e tornando di fatto al vecchio sistema secondo cui ognuno paga il suo. Il risultato è garantito: il contribuente, infatti, è costretto a versare, lo Stato no.

Ricordate tutta la campagna per smaltire i debiti arretrati della Pa con i fornitori, gli annunci sulla certificazione dei crediti, gli anticipi bancari, la tracciabilità dei pagamenti? Qualcosa è stato fatto. Ma a differenza dei versamenti di imposte e contributi, dove ogni giorno viene inventato un sistema nuovo per facilitare l’incasso da parte della pubblica amministrazione, lì il meccanismo era così complicato e farraginoso che alla fine ha funzionato poco e male.

I numeri parlano chiaro: secondo una rilevazione del Centro studi ImpresaLavoro alla fine del 2018 lo stock dei debiti accumulati dalla Pa ammontava ancora a 53 miliardi, solo 4 in meno rispetto all’anno precedente. E i tempi con cui i fornitori vengono saldati, seppure ridotti, restano ancora elevatissimi e tra i peggiori d Europa. Con 67 giorni di media lo Stato italiano è sul podio dei cattivi pagatori, subito dopo la Grecia (115) e il Portogallo (75).

Invece di migliorare, la situazione sta peggiorando. E sta addirittura creando un circolo vizioso tra le imprese per cui, mancando così di frequente il primo tassello, il saldo della fattura da parte del pubblico, a cascata nessuno paga più nessuno. Dal Barometro Censis presentato ieri è emerso che il 91,3% dei commercialisti negli ultimi dodici mesi ha subito ritardi nella riscossione dei crediti. Per il 52,6% i tempi si sono allungati rispetto all’anno precedente e per l 87,7% le imprese rimaste a bocca asciutta hanno a loro volta lasciato a secco i loro fornitori, scatenando un corto circuito devastante sia per il tessuto produttivo sia per l intero Paese.

Ad accendere la miccia, manco a dirlo, è proprio lo Stato. La quota di professionisti che hanno dovuto fare i conti con ritardi nei pagamenti da parte della Pubblica amministrazione è del 60%. In particolare, il 10,6% indica che tutte le sue imprese clienti hanno tale problema e il 31,2% che riguarda la maggior parte dei casi, mentre solo l 8,9% dei commercialisti sostiene di non aver avuto a che fare con intoppi di alcun genere.

Quanto ai tempi, per il 30,6% l attesa si è allungata rispetto allo scorso anno e per il 53,5% è rimasta uguale. Solo per un 7,7% di fortunati la Pa è stata più solerte rispetto ai 12 mesi precedenti. Le conclusioni dello studio realizzato per il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti sono chiare. Si tratta, si legge, «di una patologia grave perché tradizionalmente la Pubblica amministrazione dovrebbe giocare un ruolo di regolatore positivo dei mercati». Invece, resta «un generatore di criticità». In altre parole, una zavorra al posto di un volano.

Debiti PA: stock a 53 miliardi, in Europa siamo i terz’ultimi per tempi di pagamento (67 giorni di attesa)

Debiti PA: stock a 53 miliardi, in Europa siamo i terz’ultimi per tempi di pagamento (67 giorni di attesa)

I tempi di pagamento

L’edizione più recente dell’European Payment Report di Intrum Justitia rivela che in Italia il tempo medio di pagamento da parte del settore pubblico nell’ultimo anno si è attestato a 67 giorni, 25 giorni in più rispetto al valore medio europeo. Il calo rispetto ai 104 giorni medi dell’anno precedente è imputabile in gran parte alla fatturazione elettronica. Tempi di pagamento così lunghi si ripercuotono negativamente soprattutto sulle piccole e medie imprese, costrette ad accettare termini di pagamento troppo dilazionati e spesso imposti dalle imprese più grandi. Il dato di quest’anno ci colloca al terz’ultimo posto in Europa, dopo Grecia (115 giorni) e Portogallo (75 giorni). Il nostro valore attualmente supera di un giorno quello della Spagna, di 19 quello della Francia, di 39 giorni quello del Regno Unito e di 40 giorni quello della Germania.

Lo stock di debiti della PA

Sono passati più di cinque anni dal 13 marzo 2014, quando l’ex premier Matteo Renzi promise in tv agli italiani che il 21 settembre di quell’anno avrebbe fatto un pellegrinaggio al santuario di Monte Senario in occasione del proprio onomastico se il suo Governo non avesse pagato tutti i debiti che la Pubblica Amministrazione aveva contratto fino al 2013. Da allora la situazione è rimasta sostanzialmente invariata. La relazione annuale presentata a fine maggio dalla Banca d’Italia certifica infatti che nel 2018 lo stock dei debiti accumulati dalla PA ammonta ancora a 53 miliardi di euro, appena 4 miliardi in meno rispetto all’anno precedente. Questo dato conferma quanto abbiamo denunciato a più riprese: i debiti commerciali si rigenerano con frequenza, dal momento che beni e servizi vengono forniti di continuo. Pertanto liquidare solo in parte con operazioni spot i debiti pregressi di per sé non riduce affatto lo stock complessivo: questo può avvenire soltanto nel caso in cui i nuovi debiti creatisi nel frattempo risultino inferiori a quelli oggetto di liquidazione.

I costi per le imprese

Per l’imprenditore Massimo Blasoni, presidente di ImpresaLavoro, «si riducono i tempi di pagamento ma restiamo tristemente terz’ultimi in Europa, dopo di noi solo Portogallo e Grecia. Lo stock di debito resta enorme, lo Stato deve alle imprese 53 miliardi. Questo ritardo sistematico è costato loro la bellezza di 3,7 miliardi di euro, cifra generata dagli interessi passivi dovuti per anticipare il credito necessario a pagare i propri dipendenti e onorare gli impegni presi. La stima è stata effettuata prendendo come riferimento il dato fornito da Bankitalia sullo stock complessivo e il costo medio del capitale (pari al 7,043% su base annua) che le imprese hanno dovuto sostenere per far fronte al relativo fabbisogno finanziario generato dai mancati pagamenti».