Tassa sui versamenti in contanti, ndo cojo cojo

Davide Giacalone – Libero

Provando e riprovando è una cosa, ndo cojo cojo un’altra. Il primo è il motto dell’Accademia del cimento, ispirato al metodo galileiano, il secondo è la cieca e disperata speranza di azzeccarne una. Dopo il dietrofront, indietro march, sul fronte libico, arriva la retromarcia su quello fiscale. Il Sole 24 Ore (mica un pettegolezzo) aveva anticipato uno dei provvedimenti che il prossimo Consiglio dei ministri avrebbe varato: imposta di bollo progressiva per chi versa in banca più di 200 euro al giorno. Silenzio nella foresta. La mattina, a chi chiamava allarmato, dal governo fanno sapere: è solo una cosa allo sttrdio. Poi, nel pomeriggo, una nota che smentisce l’ipotesi. Potremmo chiuderla qui, ma rimane la volontà di ridurre l’uso del denaro contante, che può anche andare bene, a determinate condizioni, ma fuori da quelle è la trappola nella quale erano caduti. Quindi meglio metterci un cartello.

Prendete lavoratori come i tabaccai, i giornalai, i tassisti e tanti altri: è normale che incassino più di 200 euro, in contante, ogni giorno, ed è normale che li versino in banca. Devono essere puniti, per questo? L’incasso, inoltre, non è mica il guadagno, ad esempio: la gran parte dei soldi che un tabaccaio incassa li deve poi girare allo Stato, visto che vende beni sottoposti al suo monopolio; per pagare lo Stato deve fare un’operazione bancaria; per farla deve avere i soldi sul conto. Lo Stato che incassa è lo stesso che pretende di avere un’imposta di bollo superiore perché quel delinquente versa i soldi in banca? E c’è anche l’orrida beffa: scorrendo le cronache si trovano rapine, subite dai tabaccai, in tutta Italia. Come anche peri benzinai. Tali rapine sono incentivate dal fatto che queste piccole imprese hanno un giro d’affari magari non elevato, ma quasi tutto in contante. Quando un tabaccaio viene rapinato, sperando che salvi la pelle, deve poi comunque pagare allo Stato i soldi che s’è fatto derubare, quale corrispettivo di beni già venduti. Quindi: il tabaccaio porta sulle spalle il rischio legato ai soldi che incassa e lo Stato potrebbe anche chiedergli di pagare di più quando li versa in banca.

Non basta che la cosa sia smentita, è necessario rendersi conto che è culturalmente e logicamente abominevole. Una cosa è colpire l’evasione fiscale, altra demonizzare e/o tassare l’uso di banconote che, fino a prova contraria, sono prodotte e tutelate dallo Stato, dalla banca centrale nazionale e da quella europea. L’imposta su cui lavoravano avrebbe colpito le persone oneste, proprio perché tali. Più assurdo di cosi è difficile immaginare. Pensare di colpire l’evasione fiscale colpendo il contante è come supporre di frenare la violenza carnale punendo il sesso: nel migliore dei casi ne viene fuori una società di pervertiti. Che è l’inferno fiscale italiano.

Il tutto senza contare che l’economia più forte d’Europa, nonché quella che ha reagito meglio alla crisi, ovvero la Germania, è anche la sola a non avere limite all’uso del contante. Che ci sia un nesso? Si vuole disincentivare il contante e incentivare la moneta elettronica? Non è questa la strada. Semmai si renda più conveniente la seconda, mentre oggi è vero l’opposto. Sia per il cliente. Sia per il negoziante, che deve pagare una percentuale per avere, in ritardo, i soldi relativi a una prestazione che ha reso o a una merce che ha venduto. Per forza che quando si vanno a pagare piccoli acquisti, specie se il guadagno è percentualmente molto basso, all’apparire della carta di credito vedi occhi imploranti: non è che siano tutti evasori, è che se paghi il pizzo su un margine microscopico non si capisce perché ti alzi al mattino e tiri su la saracinesca. Non dimenticando, infine, che se lo Stato vuole incentivare la moneta elettronica (giusta e bella cosa) dovrebbe cominciare a rendere obbligatorio accettarla, in tutte le sue forme consentite, ovunque abbia sportelli propri per pagamenti, riscossioni e transazioni. Invece non è così, sicché predica claudicando e ruzzola praticando.

Per ora il tentativo è fallito. Bene. Ma una roba simile non va messa nel congelatore, come l’altra inversione di marcia, relativa alla delega fiscale, per poterci pensare qualche mese. Meglio buttarla direttamente via. Fra rifiuti non riciclabili, così si rispetta anche la raccolta differenziata.