Taxes are not beatiful
Il Foglio
Ad aprile il governo inglese abolirà la tassa di successione sul capitale dei fondi pensione, tassa oggi del 55 per cento. Tralasciando le tecnicalità di un sistema basato molto sulla previdenza integrativa, ne beneficeranno gli eredi di oltre 400 mila pensionati che ora, e pur con la superimposta, preferiscono ritirare i soldi a una rendita aggiuntiva alle pensioni. Ma, come ha detto il cancelliere dello Scacchiere George Osborne, l’obiettivo e di principio: “Incoraggiare gli anziani a godersi liberamente il denaro, ed eventualmente lasciarlo ai loro cari anziché al fisco”.
Alla vigilia delle elezioni 2015, i Tory strizzano certo l’occhio a due o tre generazioni; giusto mentre i laburisti chiedono di aumentare l’imposta sulla casa. Ma soprattutto Londra porta avanti un percorso di alleggerimento fiscale attuato con tagli alla spesa: corporate tax ridotta al 20 per cento, mentre in Italia le imprese pagano tra imposte, contributi e burocrazia quasi il 60; cinque punti in meno sulle persone fisiche, cioè il 35 per cento di pressione contro il 44 dell’Italia; ulteriori riduzioni per le giovani coppie; tagli sulle accise di carburanti ed energia.
Quando David Cameron si insediò a Downing Street, nel 2010, i laburisti e vari paludati analisti previdero una Gran Bretagna ridotta alla povertà: oggi il pil cresce del tre per cento, più di tutti gli altri paesi industrializzati, la disoccupazione scende al sei, il deficit si è dimezzato, il debito è al di sotto della media Ue, e 40 punti in meno che da noi. Certo, gli inglesi non hanno i vincoli dell’euro, la loro Banca centrale non aveva una Bundesbank con cui contrattare. Ma il coraggio di voler essere sempre liberi padroni dei loro soldi, quello sì.