Economia criminale, così la stima
Riccardo Puglisi – Corriere della Sera
Ieri il Tesoro ha annunciato che l?aggiornamento del Def sulla base del peggiore andamento del Pil viene posticipato all’inizio di ottobre, in modo tale da potersi basare sulle nuove stime del Pil stesso da parte dell’Istat, che da settembre devono anche includere le attività illegali. Non si tratta naturalmente di un vezzo dell’Istat, ma dell?adeguamento alla normativa europea (Sec 2010), che impone di includere nel Pil non solo l’economia sommersa, cioè le attività che sfuggono al pagamento di imposte e contributi (e che già da tempo sono incluse nel calcolo del Pil), ma anche la cosiddetta economia criminale, cioè le attività illegali. Le stime preliminari annunciate da Eurostat (l’agenzia statistica europea) prevedono per l’Italia una revisione del Pil spostato verso l’alto tra l’uno e il 2%, ovvero tra i 15 e i 30 miliardi. Personalmente, non mi stupirei di una revisione ancora maggiore.
Quali attività vanno incluse nel conto dell’economia illegale? Come spiegato da Centorrino, David e Gangemi su lavoce.info, la regola condivisa a livello internazionale è che deve esservi accordo tra le parti nello scambio illegale, quindi sono inclusi i mercati della droga, la prostituzione e il contrabbando. Deve essere invece esclusa l’estorsione, in quanto – con buona approssimazione- manca l’accordo tra chi chiede e chi paga il “pizzo”. Questa revisione presumibilmente sostanziosa del nostro Pil è nel contempo una cattiva notizia e una semi-buona notizia: è cattiva perché se ne desume che questi mercati illegali in Italia hanno dimensioni ragguardevoli. Dall’altro lato, la notizia semi-buona è che nostri mali connessi alla finanza pubblica sembrano più piccoli. Ad esempio il rapporto tra debito pubblico e Pil matematicamente diminuisce nella stessa misura percentuale.Qualcuno potrebbe spingersi oltre nell’ottimismo e ritenere che il futuro della nostra economia diventi più roseo grazie a questa revisione del Pil, in quanto i criteri del Fiscal Compact su deficit e debito diventano meno stringenti dopo il ricalcolo. Il dato di fatto è che questa revisione statistica rischia di fare «pari e patta» con l’imprevisto calo del Pil del secondo trimestre, che necessariamente peggiora i conti pubblici 2014. Guai a pensare che con questo pari e patta le riforme strutturali diventino meno urgenti.