Bonus bebè mensile, fondi più che dimezzati

Paolo Baroni – La Stampa

La coperta per il bonus mamma si fa più corta. Il passaggio della legge di Stabilità sotto la lente delle Ragioneria generale dello Stato ha lasciato il segno: già era stato introdotto un tetto di reddito complessivo per la famiglia pari a 90 mila euro, ma anche lo stanziamento è stato rivisto in maniera molto significativa. Domenica scorsa in tv il presidente del Consiglio Matteo Renzi aveva annunciato la novità spiegando che col nuovo anno alle neo-mamme sarebbe stato assegnato un bonus mensile di 80 euro finanziati coi 500 milioni di euro già stanziati a favore delle famiglie. In questo modo, secondo i primi calcoli, praticamente tutti i nuovi nati (che in media sono giusto 500 mila all’anno) avrebbero beneficiato del contributo.

La versione finale della legge di Stabilità in realtà ridimensiona in maniera significativa lo stanziamento. Per il 2015 non si parla più di 500 milioni a disposizione ma di 202 (i restanti 298 vanno ad un fondo ad hoc destinato sempre alle politiche familiari), quindi anziché 500mila i bonus finanziabili saranno meno della metà, 200 mila. Per il 2016 sono invece previsti 607 milioni, 1012 per il 2017 e per il 2018, e ancora 607 per il 2019 e 202 per il 2020.

Perché questo «taglio»? Perché nella versione originaria della proposta, quella lanciata domenica dal premier, il bonus bebè triennale – partendo da una spesa 2015 di mezzo miliardo – nel 2016 sarebbe costata 1 miliardo e addirittura a 1 mi- liardo e mezzo l’anno seguente. Troppo, per i severi controllori del Bilancio. Di qui l’intervento calmieratore: l’anno prossimo si parte con 200 milioni destinati poi a salire in maniera progressiva negli anni seguenti ma insufficienti comunque a coprire l’intera platea. Con la dotazione messa a disposizione nella versione finale del ddl, infatti, solo 4 neonati su dieci avranno diritto al bonus l’anno prossimo, diventeranno poi 6 su 10 nel 2016 e quasi sette su 10 nel 2017.

Il nuovo articolo 13 della legge di Stabilità mette poi nero su chiaro tutti i dettagli del provvedimento. «Al fine di incentivare la natalità e contribuire alle relative spese per il sostegno – recita la norma – per ogni figlio nato o adottato a decorrere dal 1° gennaio 2015 fino al 31 dicembre 2017, è riconosciuto un assegno di importo annuo di 960 euro erogato mensilmente a decorrere dal mese di nascita o adozione». Inoltre è previsto che l’assegno non concorra alla formazione del reddito complessivo sottoposto a tassazione Irpef e che venga corrisposto «fino al compimento del terzo anno d’età ovvero del terzo anno di ingresso nel nucleo familiare a seguito dell’adozione». Varrà per i figli di cittadini italiani o di uno Stato membro della Ue di cittadini extracomunitari con permesso di soggiorno, residenti in Italia.

Come detto è previsto un tetto di reddito di 90.000 euro, limite che non vale più a partire dal quinto figlio (o adottato) in su. All’Inps, ente al quale le neo-mamme dovranno inoltrare le domande, spetterà anche il compito effettuare un monitoraggio e nel caso «si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alla previsione di spesa» è già previsto che il governo possa rideterminare sia l’importo annuo, riducendolo rispetto ai 960 euro di partenza, sia il tetto di reddito dei 90 mila euro.