Gettito casa
Davide Giacalone – Libero
Ci sono le premesse per una nuova tregenda fiscale sulla casa. Solo che i demoni tributari non si danno convegno di notte, come quando ancora si celavano, ma sfilano in pieno giorno, esibendosi e pretendendo di passare per giulive innovazioni. Nella riforma del catasto trovo un concetto, quello dell’“invarianza di gettito”, che tradisce presenze stregonesche.
Il catasto è vecchio e va riformato. Giusto. I valori catastali vanno aggiornati e portati verso quelli di mercato. Bene. Il governo, con un decreto legislativo, ha varato la riforma, subito rilanciata dai giornali. No, questo è esagerato: ha riattivato le commissioni censuarie, che ci vorrà molto tempo perché si compongano e inizino a lavorare (uno o due anni), e ancor di più perché finiscano di censire e valutare (cinque anni). Il tempo per correggere gli errori c’è, dunque. Il rischio è che aumentando le rendite catastali si possano raddoppiare e triplicare le tasse sulla casa facendo finta di lasciarle invariate. Perché cresce la base imponibile. L’antidoto a questa macumba dovrebbe essere l’invarianza di gettito, prevista nella legge. Ma non mi convince. Per due ragioni.
La prima è che se i valori fiscalizzati tendono a seguire quelli di mercato non si vede perché si debba stabilire l’invarianza, laddove, invece, il gettito fiscale dovrebbe diminuire al decrescere del valore di mercato di un immobile. Se non varia il gettito non si capisce perché far variare il valore. È bene che si voglia evitare il rischio prima ricordato, del raddoppio e della triplicazione, ma allora si deve scrivere che il gettito non deve crescere, non che deve restare fisso.
La seconda ragione per cui non mi convince è che due sono i tratti distintivi della riforma: a. l’imposizione sarà (almeno in parte) stabilita dai Comuni; b. la rivalutazione degli estimi porterà alcuni a pagare di più, ma altri a pagare di meno. Domanda: se le aliquote vengono fissate da 8.000 comuni e se sappiamo in partenza che ciascuno potrà vedere cambiare quel che deve al fisco, come si fa a sapere prima che il gettito sarà invariato? Risposta: non si può, è impossibile. Lo sapremo solo dopo, a tasse esatte. Ma siccome esiste un preciso vincolo di legge, che sarà quasi impossibile non violare, ciò metterà in moto la più rodata macchina nazionale, quella del ricorso: i singoli proprietari di casa potranno attivarsi, in autotutela, contestando le nuove rendite presso gli uffici delle entrate, salvo, ove si sentano dare torto, fare ricorso alle commissioni tributarie, e senza escludere il ricorso al Tar, per gli aspetti di legittimità. Se parte un tale inferno altro che cinque, ci metteremo cinquanta anni, per venirne a capo.
Sarebbe saggio dribblare fin da subito l’accusa di volontaria e consapevole violazione della legge, da parte dello stesso Stato che la emana, stabilendo che potendo sapere solo l’anno successivo se il gettito è cresciuto, l’eccedenza sarà restituita, per quota parte, a tutti quei contribuenti che si sono trovati a pagare più dell’anno precedente. Anzi: autorizzandoli a calcolare la differenza e detrarla dai tributi futuri. Questo sempre che si stia giocano un’onesta partita di riforma del catasto e non una disonesta trappola per spremere più soldi dalle case. Anche perché rappresentano la grande parte del patrimonio degli italiani, il cui valore ci rende esemplari nel rapporto con l’indebitamento aggregato (pubblico più privato). Continuare a farlo scendere, mediante fisco mefistofelico, è da sciocchi, ma assatanati di liquidi altrui.