I nemici di Renzi
Enrico Cisnetto – Il Foglio
Ora è conclamato: l’Italia ha perso un altro anno. Il settimo, da quando ebbe inizio nell’estate del 2007 la più lunga e grave crisi economico-finanziaria che il mondo abbia conosciuto nell’ultimo secolo. Le cui conseguenze risultano così gravi – 10 punti di pil persi, il 25 per cento della produzione industriale evaporata – solo per noi, Grecia a parte. E nulla fa presagire che nel 2015 la musica cambi. Tutto questo non lo dicono i gufi ma il ministro Padoan, che ha parlato di un quadro congiunturale gravemente deteriorato. Peccato che andasse detto prima, anziché discettare sulla ripresa a portata di mano. Cosa non solo infondata, ma gravida di conseguenze negative, perché ha significato rinviare a data da destinarsi gli interventi più radicali, quelli capaci di invertire la rotta, i quali, più si rinviano, e più le mancate scelte ci riconsegnano un paese profondamente sconvolto nei fondamenti della sua società e della convivenza civile, con una quota di economia di mercato inferiore al passato e un problema di assistenza pubblica terrificante.
Tutto questo, naturalmente, non può essere messo in conto a Renzi. Per età e perché gli manca il passato. Ma a lui e al suo governo possono invece essere addebitate due cose: di aver sbagliato le previsioni e quindi l’approccio iniziale, e di avere mostrato un eccesso di fragilità e dilettantismo nello svolgimento quotidiano dell’azione di governo, laddove la politica diventa – o dovrebbe diventare – buona amministrazione. Hai voglia ora di dire che la Merkel è cattiva perché vuole l’austerità e impertinente perché ci tratta come studenti a cui chiede di fare i compiti a casa. Hai voglia di evocare lo spettro della Troika in nome della sovranità violata. Per sostenere certe tesi, anche quando sono giuste, occorre avere la necessaria credibilità, e Palazzo Chigi in questo difetta.
Tuttavia, Renzi viene accusato di tutt’altro: di essere nemico dei lavoratori, di muoversi in combutta con Berlusconi, di frequentare quel “sola” di Marchionne, di praticare il “metodo Boffo” contro chi dissente. Prendete la vicenda dell’articolo 18. Invece di dire “guarda che quella del reintegro, pur simbolica, è questione marginale e ciò che conta è una revisione, all’insegna della semplificazione e della delega alla contrattazione aziendale, dell’intera materia dei contratti e del mercato del lavoro”, no, si rispolverano vecchi linguaggi (i padroni) e consunte parole d’ordine (giù le mani dai diritti). Nessuno che lo sfidi sulla modernità, tutti a piagnucolare sulla conservazione di miti arrugginiti. E senza neppure avere l’intelligenza politica di capire – questo da D’Alema francamente non me lo aspettavo – che così la sinistra si condanna a una definitiva emarginazione e regala a Renzi gli strumenti per la definitiva conquista del voto moderato.
Che abbia o meno in testa le elezioni anticipate – io credo di si – l’aver alzato il tiro su un tema ideologicamente dividente come quello dell’articolo 18 e trovarsi la reazione che abbiamo visto, per il premier è stato come vincere alla lotteria. Ora il provvedimento – annacquato fino a lasciar le cose come stanno ma presentato come la rottura senza compromessi con il passato – passerà al Senato grazie all’uscita dall’Aula di un numero sufficiente di forzisti, così Renzi potrà dire all’Europa di aver fatto, da segretario del Pd per giunta, quello che nessuno prima di lui aveva mai osato fare o era mai riuscito a fare; potrà marcare una rottura a sinistra che gli servirà per dire al Quirinale che il Parlamento è una palude da cambiare con il voto; e infine potrà evitare di dover far emergere il cambio di maggioranza perché Berlusconi formalmente rimarrà all’opposizione. Caro Bersani, questa è quasi peggio del tuo (ancor oggi inspiegabile) tentativo di fare accordi con Grillo.
Ma la stessa cosa si puo dire delle stroncature che sono piovute addosso a Renzi da qualche miliardario annoiato che vuole fare politica senza pagare il dazio della raccolta del consenso, o da qualche esponente della “società civile” che si arroga il diritto di compilare la pagella dei buoni e dei cattivi. Non ho visto analisi approfondite, elaborazioni programmatiche fuori dal coro dei soliti bla-bla. Costoro, invece di ergersi a giudici, invece di imbarcarsi in operazioni personali senza alcun radicamento nelle culture politiche, elitarie e probabilmente di scarso successo, farebbero meglio a finanziare, sostenere, creare dei think tank capaci di contribuire alla qualità culturale del dibattito pubblico, di influenzare (alla luce del sole) i media e i decisori, di selezionare classe dirigente, di creare efficaci collegamenti internazionali, di lavorare sulla mentalità collettiva e in particolare far maturare nella borghesia la coscienza del suo ruolo sociale. Gli esempi esteri non mancano, basta copiare. Insomma, Renzi ha tanti (troppi) difetti, ma se i suoi nemici sono questi, viva Renzi.