Pareggio anticipato, stretta su 3mila Comuni

Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore

Mentre allontana al 2017 il pareggio di bilancio complessivo, la nota di aggiornamento al Def lo anticipa al 2015 per quel che riguarda Regioni ed enti locali. Nelle 144 pagine del documento, questa mossa occupa solo quattro righe, ma può avere effetti dirompenti per quasi 3mila Comuni.

Il pareggio di bilancio in salsa locale, finora in programma dal 2016, impone di cancellare il rosso sia dalla parte corrente, fatta da tributi, trasferimenti e tariffe sul lato delle entrate, e dalle spese non di investimento su quello delle uscite, sia dal saldo finale di bilancio: il tutto va garantito sia per la competenza, cioè per le entrate e le uscite scritte nei bilanci, sia per la cassa, cioè peri flussi finanziari realizzati davvero. L’applicazione tour court di questi obblighi, secondo le elaborazioni che il Sole 24 Ore ha avuto modo di consultare e che sono al centro del confronto fra i tecnici dell’Economia e di Ifel, significherebbe chiedere una manovra aggiuntiva da 1,5 miliardi a quasi 3mila Comuni. Un’introduzione “a tappe” delle nuove regole, partendo dal pareggio di bilancio di parte corrente per rimandare al 2016 quella sui saldi finali, chiederebbe invece circa un miliardo a 2mila Comuni (fra i quali la presenza di qualche grande città aumenta la popolazione interessata).

Il nuovo calendario scritto nel Def per far partire sul territorio l’articolo 81 della Costituzione votato dal Parlamento nel 2012 è però solo una delle variabili in gioco nella costruzione della manovra 2015 per gli enti locali. Sul piatto delle buone notizie c’è la “liberazione” dai vincoli del Patto di stabilità di un miliardo di euro per gli investimenti, mentre sul lato di quelle cattive per i sindaci, ma ottime per l’Economia, c’è l’ingresso in campo della riforma della contabilità: queste regole, che impongono ai Comuni di accantonare un fondo di garanzia proporzionale alle loro difficoltà di riscossione, blocca nei conti degli enti circa tre miliardi di euro, diminuendo la capacità di spesa dei sindaci e quindi dando una mano al bilancio pubblico.

Su questo punto, secondo i Comuni l’impatto del fondo potrebbe addirittura superare i 3,5 miliardi, e anche queste cifre sono al centro di un confronto con Via XX Settembre. Nella manovra in cantiere, i tre elementi sono collegati. Il miliardo svincolato per gli investimenti, e ribadito ancora ieri dal sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta, è il primo passo per il «superamento» del Patto di stabilità interno , reso possibile proprio dall’avvio della riforma della contabilità (con i suoi fondi di garanzia) e dalla prospettiva del pareggio di bilancio.

Naturalmente, quel che conta è il risultato finale per la finanza pubblica: se il fondo di garanzia si rivela più ricco del previsto, quindi, ci potrebbero essere spazi per un pareggio di bilancio più graduale, magari limitato nel 2015 ai saldi di parte corrente. Sulle scelte finali potrebbero pesare anche le prospettive di tenuta del sistema. A differenza del Patto tradizionale, sia la riforma della contabilità sia l’obbligo del pareggio di bilancio concentrano tutti gli sforzi sui Comuni che oggi hanno più difficoltà nei bilanci: la mossa è corretta per il “risanamento” della finanza pubblica, ma senza un dosaggio corretto solleva più di un rischio sul piano dell’applicazione effettiva.