Negli ultimi dieci anni l’Italia ha fatto registrare in Europa il maggior aumento della pressione fiscale totale (comprensiva dei contributi sociali) in rapporto al proprio Pil: una crescita del 4,24%, passando dal 38,97% del 2005 al 43,21% del 2015. Lo rivela un’analisi del Centro studi ImpresaLavoro su elaborazione degli ultimi dati forniti dalla Commissione europea.
Subito dopo di noi, in questa particolare classifica, compaiono il Portogallo (aumento del 4,15%), la Grecia (+4,05%, anche se il primo dato disponibile è datato 2006), Malta (+3,06%) e l’Estonia (+2,87%). Decisamente migliore la performance registrata in questo decennio anche da alcuni nostri principali competitor continentali, che hanno anch’essi aumentato la loro pressione fiscale ma in termini decisamente più contenuti: Francia (+2,78%) e Germania (+1,06).
Nello stesso periodo di tempo diversi altri Paesi hanno invece imboccato una diminuzione della pressione fiscale in rapporto al proprio Pil: Regno Unito (-0,91%), Danimarca (-1,04%), Lituania (-1,16%), Irlanda (-1,17%), Slovenia (-1,97%), Spagna (-2,10%), Bulgaria (-2,27%) e Svezia (-2,64%).
“Nel 2015 – ha commentato il presidente del Centro Studi ImpresaLavoro Massimo Blasoni – la Commissione Europea segnala una timida inversione di tendenza, con la pressione fiscale in leggera diminuzione. E’ però ancora troppo poco perché lo sguardo su questi ultimi dieci anni segnala un’espansione del prelievo fiscale che non ha pari nel resto d’Europa e tra le grandi economie. In termini reali la stretta fiscale di questo decennio vale circa 70 miliardi di euro su base annua: un autentico salasso per imprese e famiglie”.