Il rischio della manovra è il deficit di credibilità
Daniele Manca – Corriere della Sera
In quello che sta accadendo attorno alla bozza della legge di Stabilità c’è molto poco di ragionevole. Si è già detto, scritto e riconosciuto del coraggio che è stato necessario per scrivere una Finanziaria incentrata sulla parola «crescita». Nei prossimi giorni l’Europa farà domande, esprimerà indicazioni e giudizi. Ci troveremo a discutere di percentuali e percorsi di risanamento più o meno rispettati. Ma la vera sfida sarà combattere l’aumento di un parametro ben più insidioso, pericoloso e in drammatico aumento: il deficit di credibilità. Ricevere una richiesta di chiarimenti è già indizio di inosservanze più o meno gravi delle regole che si è data l’Unione Europea. Il governo italiano eccepirà e fornirà delucidazioni rendendo possibile il via libera. Ma non sarà una promozione.
Sulla spinta di una crisi che stava mettendo a rischio la stessa Europa, nel novembre 2011 si decise di cambiare le regole per i bilanci dei Paesi Ue. Nel riscrivere le norme era chiaro che da quel momento Bruxelles non si sarebbe impiccata ai decimali di punto di questo o quel parametro. Il governo di Matteo Renzi ha messo l’asticella del deficit al 2,9%. Ha scelto di camminare su una lastra di ghiaccio finissima. Potremo usare tutta la flessibilità che ci è permessa dal fatto di restare sotto il tetto del 39. Ma impegnandoci a rispettare altri parametri.
La bozza della legge di Stabilità è arrivata alla Ue il 15 ottobre, con quella francese, 5 giorni dopo quella tedesca, dopo la finlandese. Particolari ininfluenti forse. Ma a distanza di una settimana a Bruxelles sanno che il Quirinale ha ricevuto la bozza solo ieri. Che la Ragioneria dello Stato avrebbe messo in discussione alcune coperture. E che i numeri potrebbero cambiare. il via libera, se arriverà, più che sulle cifre sarà sugli impegni e quindi politico. Ma lo spettacolo di queste ore a quanto avrà fatto salire il deficit di credibilità? E quanto ci costerà? Le altalenanti piazze finanziarie sono sempre pronte ad abbandonare chi non rispetta i vincoli che si è dato, cambia numeri o mostra incertezza nelle scelte. E sono i mercati che acquistano i titoli del debito italiano, non Bruxelles.