Risparmiare è un bene, non può diventare il paracadute della paura

Daniele Manca – Corriere Economia

L’Italia ha una grande fortuna. Si chiama risparmio. Per Kenneth Rogoff, uno dei maggiori studiosi al mondo di debiti sovrani, che lo raccontava al Corriere lo scorso sabato, è il motivo che rende più sopportabile e gestibile persino l’enorme indebitamento pubblico del Paese. Le famiglie non hanno perso la propensione a mettere da parte e a investire i propri soldi. E quando è accaduto, è stato solo perché la crisi o le tasse glielo hanno imposto. Ma anche in questi difficili momenti, l’atteggiamento non è cambiato.

Secondo Assogestioni nei primi sei mesi di quest’anno ai fondi sono arrivati circa 60 miliardi: la stessa cifra dell’intero 2013. Anche la consueta indagine della Coop sul consumi nota questa aumentata propensione al risparmio (per chi può permetterselo). Il segnale ha sicuramente un aspetto positivo che è quello di continuare a far affluire denaro (soprattutto attraverso una gestione professionale) al sistema economico. L’elemento che impensierisce è che questo risparmio contenga in sé la preoccupazione per il futuro. Che si tratti cioè di denaro accantonato per costituirsi delle riserve per fare fronte o a maggiori tasse o a maggiori spese dovute al cattivo stato dei conti pubblici. In poche parole un paracadute della paura.

Con le mosse e le dichiarazioni di Mario Draghi, presidente della Bce, c’è in Europa chi sta lavorando per rafforzare la ripresa fragile del Vecchio Continente. E allora da che cosa nascono queste preoccupazioni? Si sa che le aspettative di famiglie e imprese giocano un ruolo decisivo nell’andamento di un Paese. Se il quadro politico e incerto, se le riforme delle quali si parla stentano a decollare, se l’attività economica viene continuamente ostacolata e non agevolata, se crescita e sviluppo non sono la prima priorità, è difficile che le aspettative diventino positive.