Sugli ogm scelte europee troppo provinciali

Davide Giacalone – Libero

L’Unione europea favorisce le coltivazioni Ogm, ma uno Stato aderente all’Ue può proibirle. Questo non è un compromesso, è il fallimento dell’idea stessa di Unione. Una regressione a prima del Mec, Mercato comune europeo. Una decisione eurodemolitoria, perché fa dell’Unione il luogo in cui i doveri sono inderogabili, mentre i diritti negabili. Essendo una conclusione cui si è giunti durante la presidenza italiana, il nostro ministro dell’ambiente, Gian Luca Galletti, la racconta come un successo, il frutto del duro lavoro di mediazione. Avrebbe fatto meglio a riposarsi.

Per capite le dimensioni e il significato di questa porcheria ci si deve mettere nei panni del cittadino europeo (i nostri), non in quelli dei governanti di turno. Perché ha un senso positivo essere parte e cittadini dell’Unione? Perché consente maggiori libertà, a cominciare dalla circolazione delle persone e delle cose. Certo, comporta dei vincoli nella spesa pubblica, ma anche quelli sono un bene, visto che senza freni abbiamo prodotto il più grande debito pubblico del continente. L’Ue non è solo un ideale di pace e convivenza, il cui senso si sbiadisce nel tempo, mano a mano che le tragedie del secolo scorso s’allontanano dalla memoria, deve essere anche conveniente. In tal senso la coltivazione degli Organismi geneticamente modificati è esemplare.

É ovvio che sia accettata in ambito europeo. Perché già la si pratica e perché non c’è nulla, sulla nostra tavola, che non sia Ogm. Siccome ci sono Paesi, come purtroppo l’Italia, in cui la grandezza delle superstizioni e la pochezza della classe politica comportano la coltivazione di miti geneticamente regressivi, siccome ci sono ignorantoni che credono il riso Carnaroli esista in natura, nonché sbadati che dimenticano quanto le carni che mastichiamo, anche allevate interamente in Italia, sono nutrite per la quasi totalità con mais Ogm, ecco che ha senso ed è conveniente una decisione presa non più in dialetto, ma in lingua europea. Decisione che allarga il diritto dei coltivatori italiani e allarga la convenienza dei consumatori, altrimenti costretti a donare all’estero una parte del valore delle merci che digeriscono. Il consumatore ci guadagna anche in salute, perché le modifiche genetiche non vengono introdotte da un’occulta centrale del male, ma per evitare che le coltivazioni siano protette con diluvi di insetticidi. E ne guadagna l’ambiente. Ma se la mediazione politica europea, indotta da governi adusi più a farsi leggere la mano dalla chiromante che a studiare costituzioni e dichiarazioni dei diritti, consiste nel mantenere il potere feudatario di proibire nel contado castellano quel che è consentito nei campi altrui, allora non si capisce più che ci stiamo a lare in Ue. E manco cosa sia, l’Ue.

Forse Galletti fa fatica a capirlo. Forse questa notizia finirà fra le cronache per addetti ai lavori, ove non sia del tutto ignorata. Ma la partita giocata è di grande rilevanza. Peccato che l’Ue l’abbia persa e che l’Italia sarà la più penalizzata, avendo feudatari menomati dall’ignoranza e afflitti da furbizia beota. Se quella roba dovesse andare in porto (c’è ancora la possibilità di far saltare tutto) non solo il giardino del vicino sarà più verde, ma ci vivrà gente più ricca e più sana. Sicché diventa ragionevole la tentazione di saltare la siepe e andare a far loro compagnia.