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La pubblica amministrazione è già fallita, l’Agenzia Digitale lo certifica

La pubblica amministrazione è già fallita, l’Agenzia Digitale lo certifica

Edoardo Narduzzi – Italia Oggi

Come può essere definita una pubblica amministrazione che non è in grado di gestire l’attuazione delle sue riforme organizzative più recenti adottate per favorire la modernizzazione dei propri processi operativi? Probabilmente come una organizzazione già fallita nella sua capacità di restare agganciata alla modernità, come un soggetto sopravvissuto al suo passato quindi una sorta di armadillo o di ippopotamo della peggiore burocrazia, bloccata dai cavilli prodotti dalla sua incapacità di gestire i bisogni dell’oggi.

Il business case, tanto caro a coloro che si formano nei corsi di Mba anglofoni, offerto dall’Agid, l’Agenzia per l’Italia digitale, è, da questo punto di vista, esemplare. Un caso vivente, quindi studiabile nella sua attualità comportamentale, di cosa significhi per una grande economia del pianeta avere una pubblica amministrazione inadeguata. Inventata, addirittura per dl nel giugno del 2012 dal governo emergenziale di Mario Monti, da quando è nata non ha prodotto praticamente nulla, come certificato dalla stessa Corte dei conti. Anche se, in tempi di sempre annunciata spending review, l’Agid costa ai contribuenti: la spesa pubblica corrente per mantenere un organico di 130 persone è di circa 10 mln di euro.

Ma c’è qualcosa di specifico che rende assolutamente paradossale la situazione. Neppure il governo in carica riesce a mandare a regime il Comitato di indirizzo, perché lo statuto dell’Agid non è intellegibile. Figlio di un processo di produzione di leggi e regolamenti sfuggito a ogni controllo di razionalità e di competenza, adesso gli uffici tecnici di Palazzo Chigi non sanno cosa fare con questa frase: «Dai membri del Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana». Non è chiaro che cosa si intenda e sono possibili tre interpretazioni: a) ci devono essere in tutto due rappresentanti designati dalla Conferenza unificata e dai membri del Tavolo; b) devono essere due rappresentanti più due; c) ci devono essere tutti i membri del Tavolo (una decina). Discussioni di cavilli, si dirà e quindi non così importanti. Ma non essere in grado di mandare a regime una struttura che dovrebbe occuparsi della modernizzazione della Pa certifica, quasi senza ulteriori commenti, la irriformabilità della stessa macchina pubblica. L’immagine della rottamazione che si interrompe perché cioè che andrebbe rottamato lo è già.

La morale è che le riforme della burocrazia italica, anche quando partono con le migliori intenzioni, producono solo dei mostri. Dei pericolosi carrozzoni che affondano la già scarsa competitività e fanno fuggire il miglior capitale umano e gli investitori. Carrozzoni digitali.

Tasse e fatture digitali, fisco più semplice

Tasse e fatture digitali, fisco più semplice

Enrico Marro – Corriere della Sera

Obiettivo Fisco amico, soprattutto delle piccole imprese. Varati i primi due schemi di decreto legislativo di attuazione della delega fiscale, uno sulle semplificazioni e la dichiarazione precompilata e l’altro sulla riforma del catasto, il governo sta preparando un terzo decreto su «abuso di diritto» e riordino delle sanzioni, che potrebbe approdare in Consiglio dei ministri ai primi di agosto. A settembre, invece, arriverà un quarto decreto che rivoluzionerà la tassazione per le piccole imprese che usano i regimi fiscali semplificati: circa 4 milioni di contribuenti per i quali dovrebbe arrivare la tassazione per cassa e non più per competenza.

Il reddito d’impresa si calcolerà cioè su entrate ed uscite effettive e non su costi e ricavi teorici. In questo modo si dovrebbe superare il problema dei mancati incassi dovuti ai ritardi nei pagamenti. Le tasse, in altri termini, si pagheranno solo su quanto realmente incassato. La novità sarà accompagnata dall’incentivazione della fatturazione elettronica anche tra privati (registri e adempimenti semplificati), che dovrebbe appunto accorciare i termini di pagamento. Inoltre, per favorire la capitalizzazione delle piccole aziende è in arrivo una importante novità: le società individuali e di persone si vedranno tassare il reddito che resta in azienda in base alla nuova Iri (Imposta sul reddito imprenditoriale, prevista dalla delega) secondo l’aliquota proporzionale allineata all’Ires (società di capitali), cioè il 27,5%, mentre solo la parte di reddito che verrà prelevata dall’imprenditore e dai soci subirà l’aliquota Irpef di competenza, concorrendo alla formazione dell’imponibile complessivo. Infine, arriveranno anche un nuovo regime forfettario al posto del regime dei minimi articolato secondo il settore economico di attività e un sistema semplificato per le imprese di nuova costituzione.

Il cronoprogramma di attuazione della riforma fiscale prevede quindi a ottobre la presentazione del decreto legislativo di riordino della giungla delle agevolazioni fiscali. Il provvedimento sarà collegato alla legge di Stabilità 2015 perché da questo capitolo dovrebbero arrivare alcuni miliardi di risparmi. Una partita che si trascina da diversi anni e che nessun governo è riuscito a chiudere. Il processo di riforma sarà quindi completato con i decreti sul nuovo processo tributario, con la revisione della riscossione nazionale locale, che dovrebbe separare i destini dell’Agenzia delle entrate e di Equitalia (oggi posseduta al 51% dalla prima) e col riordino del regime di tassazione trasnazionale. Il tutto sarà accompagnato da un’azione dell’Agenzia delle entrate più concentrata a prevenire l’evasione fiscale.

In questo senso il decreto sull’abuso di diritto e le sanzioni che dovrebbe essere approvato all’inizio di agosto è decisivo. Si tratta infatti di disinnescare la causa di una parte importante del contenzioso fiscale che poggia appunto sulla difficoltà interpretativa delle norme, aprendo da un lato spazi all’elusione e all’evasione e dall’altro a comportamenti vessatori dell’amministrazione fiscale. Per questo si tratta di fare chiarezza distinguendo nettamente, per esempio, tra condotte legittime in quanto finalizzate a pagare meno imposte possibili e condotte invece che hanno come scopo l’evasione. La definizione dell’abuso di diritto verrà accompagnata da una depenalizzazione delle fattispecie minori. Per esempio la dichiarazione infedele per piccoli importi non dovrebbe più far scattare un processo penale ma verrebbe punita con sanzioni amministrative. Decisioni che il governo si aspetta portino a un aumento del grado di fedeltà dei contribuenti e a una diminuzione delle liti giudiziarie.

L’intero processo di riforma va però accelerato. La legge delega 23 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l’11 marzo ed è entrata in vigore il 27. I primi due decreti attuativi (semplificazioni e catasto) sono stati licenziati dal governo a fine giugno, ma non sono ancora definitivi. I decreti infatti passano all’esame delle commissioni parlamentari competenti, che deve concludersi entro un mese, e poi tornano in Consiglio dei ministri per l’approvazione conclusiva. La riforma prevede che tutti i decreti legislativi debbano essere approvati entro un anno. I provvedimenti da emanare sono numerosi. Tra gli altri anche quelli sul riordino dei giochi, e sul potenziamento della lotta all’evasione, oltre che la stima e il monitoraggio della stessa: una novità assoluta in Italia. La riforma del Fisco è appena agli inizi.