Manovra, la Ue riflette
Beda Romano – Il Sole 24 Ore
Da qui a fine mese, la Commissione europea presenterà la sua attesa opinione sul bilancio previsionale italiano. La partita è complessa. Incrocia dati economici e analisi politica. L’Esecutivo comunitario dovrà tenere conto di numerosi fattori. Non si limiterà a valutare il mero rispetto delle regole di bilancio. Dovrà prendere in considerazione anche l’andamento dell’economia, tanto che le previsioni di Bruxelles in questo campo potrebbero essere di aiuto al governo Renzi.
La Finanziaria prevede un aggiustamento strutturale del deficit dello 0,3% del prodotto interno lordo. Secondo le regole europee, un paese nella situazione dell’Italia, con un disavanzo sotto al 3,0% del Pil ma con un debito elevato, dovrebbe ridurre il deficit di almeno lo 0,5%. Dovrà l’Italia introdurre nuove misure di risanamento dei conti? È possibile. Nel presentare le sue stime economiche, Bruxelles ha lasciato la porta aperta a questa possibilità (si veda Il Sole/24 Ore del 5 novembre). «La valutazione della Finanziaria non è terminata», spiegava ieri sera un funzionario europeo. Aggiungeva un altro esponente comunitario: «Al netto dell’analisi della Finanziaria, c’è un dibattito all’interno della Commissione sull’opportunità o meno di chiedere nuovi sforzi ad alcuni paesi tra cui l’Italia». In una conferenza stampa qui a Bruxelles giovedì scorso il nuovo commissario agli affari economici Pierre Moscovici ha assicurato che la Commissione avrà «un approccio intelligente».
Tra gli aspetti negativi per l’Italia, Bruxelles considererà le sue previsioni sul deficit strutturale italiano, destinato a scendere dallo 0,9% del Pil nel 2014 allo 0,8% nel 2015, per poi tuttavia risalire all’1,0% nel 2016. Nel contempo, la Commissione ha respinto l’ipotesi che la situazione economica possa essere considerata, a livello di zona euro, una circostanza eccezionale, tale da consentire ai singoli stati membri di disattendere le regole europee, secondo quanto previsto dal Patto di Stabilità e di Crescita. Chi tra i commissari vuole chiedere maggiori sforzi all’Italia intende anche difendere la credibilità delle regole europee ed evitare eventuali ricorsi dinanzi alla Corte di Giustizia del Lussemburgo contro una Commissione ritenuta troppo benevola (soprattutto in Germania). C’è da chiedersi peraltro quale potrebbe essere l’impatto sulle scelte di Bruxelles della debolezza politica del presidente Jean-Claude Juncker, sulla scia degli scandali fiscali in Lussemburgo, suo paese d’origine.
Tra i fattori favorevoli all’Italia, l’esecutivo comunitario è pronto a prendere in considerazione le riforme economiche, come attenuanti a misure troppo impegnative sul versante del risanamento delle finanze pubbliche. Ma anche su questo aspetto i risultati italiani sono in chiaroscuro. Alcune riforme sono state adottate, ma spesso sono mancati i necessari atti amministrativi e decreti legge perché i pacchetti legislativi potessero entrare in vigore. A favore di una posizione più accomodante ci sono anche preoccupanti previsioni economiche della stessa Commissione, in un contesto politico italiano molto fragile e mentre si torna a parlare di elezioni anticipate. L’output gap, ossia il divario tra crescita reale e crescita potenziale, è elevata: del 4,5% del Pil nel 2014 e del 3,4% del Pil nel 2015. Per questo anno, Grecia, Spagna, Cipro e Portogallo sono messi peggio. Per il prossimo, solo Grecia, Cipro e Spagna hanno valori superiori a quelli italiani.