Abrignani: “In ritardo sulle riforme, ma adesso siamo sulla strada giusta”
di Ignazio Abrignani*
Per spiegare l’insoddisfacente andamento del Pil italiano dall’adozione della moneta unica ad oggi, dobbiamo fare due riflessioni preliminari. La prima è di natura economica: l’Italia non doveva accettare il cambio lira/euro che poi è stato adottato. Non mi spingo fino a dire che il cambio sarebbe dovuto essere alla pari, ma certamente il cambio ha penalizzato fortemente l’economia italiana, dimezzando di fatto gli stipendi e comportando anche una brusca diminuzione dei consumi e un conseguente calo della produzione industriale. Questo errore ha avuto forti ripercussioni sull’economia italiana, soprattutto negli anni immediatamente successivi all’entrata nell’eurozona.
La seconda riflessione è che, rispetto agli altri paesi europei, noi soltanto da pochissimo abbiamo imboccato il sentiero delle riforme. E questo ha fatto la differenza. Una riforma come quella del “jobs act”, molto simile a quella fatta in Germania verso la metà dello scorso decennio, da noi è stata varata soltanto quest’anno. Le riforme dello stato che semplificano la vita dei cittadini, invece, sono ancora in fieri e dovrebbero essere approvate quest’anno. Questo ritardo, a mio avviso, ci ha penalizzato molto.
Se, come noi ci auguriamo, l’Europa continuasse ad avere un trend di crescita, grazie a queste riforme molto probabilmente potremmo riuscire ad agganciare questa ripresa. In ogni caso, la strada intrapresa è quella giusta: cercare di semplificare le regole per rendere tutto più semplice alle imprese e ai cittadini; cercare di far ripartire in l’economia attraverso una minor politica di rigore e una maggior politica di crescita e di consumo.
È comunque evidente che in questo contesto anche la pressione fiscale gioca un ruolo importante. Una pressione che però sconta anche l’alto costo per lo stato dell’apparato burocratico. Per ridurre la pressione fiscale si deve cercare di ridurre questo costo, soprattutto cercando di tagliare la spesa improduttiva (e mi sembra che con questo intervento sulle partecipate in qualche modo ci stiamo andando incontro). Poi bisogna sempre tenere a mente il fatto che la “spending review”, almeno all’inizio, non procura certo crescita, ma decrescita, perché nel momento in cui tagli stipendi e posti di lavoro, riduci necessariamente i consumi. Un altro aspetto fondamentale, infine, è quello del recupero dell’evasione fiscale. Soltanto abbassando il costo dello stato e cercando di far emergere il “sommerso” della nostra economia, si possono creare le condizioni per potersi permettere l’abbassamento (necessario) della pressione fiscale.
* deputato di ALA (Alleanza Liberalpopolare Autonomie) e componente della Commissione Attività produttive, Commercio e Turismo